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"Bruno Ferrante: capitano d'industria o caporale di giornata?".
lunedì 8 aprile 2013
lettera aperta-documento e invito a dibattito su referendum

da CrispiusSantorius



28 marzo 2013
OGGETTO: Invito partecipazione dibattito referendum 14 aprile

Egregio dottor Bruno Ferrante,
Il 14 aprile prossimo venturo, come Lei sa, si celebra a Taranto il referendum consultivo sulla permanenza o meno dello stabilimento siderurgico a ciclo integrale. Per questo importante appuntamento, Jo Tv ha sentito il dovere di organizzare il dibattito-confronto “TARANTO: REALTA’ E PROSPETTIVE, VOLTI E RISVOLTI”, nei propri studi televisivi siti in via Niceforo Foca 20 a partire dalle 15.30 del 5 aprile 2013. A meglio significare le modalità e le finalità dell’iniziativa editoriale di Jo Tv, Le invio, acclusa alla presente lettera, la nota di comunicazione redazionale.
Considerato che Lei ha oggi il ruolo di capitano d’industria ed è impegnato a gestire uno stabilimento a ciclo integrale che, per la sua natura e dimensione, è costretta dagli eventi a fare i conti con il fatto che il diritto alla salute, al di là degli interventi della magistratura, viene percepito sempre più come diritto civile, e perciò è diventato un’invariante in tutte le grandi realtà industriali, in Occidente come in Oriente, a Nord come nel Sud del Mondo e non può essere misconosciuto, tantomeno rinviato, magari lasciandolo in eredità pelosa alle future generazione.
Questo è il rischio che, tra uno strillo e l’altro, tra una minaccia e l’altra, tra una promessa da marinai e l’altra, sia da parte di pubblici amministratori sia da parte dei dirigenti industriali, può correre l’area di Taranto se non organizza, tempestivamente, attraverso la costituzione del Parco Tecnologico Scientifico quale struttura tecnico-operativa a sostegno delle attività produttive l’area industriale. Quest’ultima, se supportata dalla ricerca applicata, per potenza, modernità e voglia di vincere al servizio del paese, può rientrare nel gruppo delle squadre di testa e partecipare alla grande gara in corso.
Così potremo tornare a nutrire, a pieno titolo e con soddisfazione di tutti, a buona ragione la speranza di poter tornare a vincere qualche tappa e salire sul podio. Questa necessità ci induce a procedere con discernimento, responsabilità, in coordinamento con altre realtà produttive e con strutture di ricerca applicata per “inventare e sperimentare per primi” tecniche produttive sempre eco-compatibili. Per recuperare credibilità occorre affrontare una difficile corsa ad ostacoli con coraggio, coesione e convinzione di potercela fare.
A Taranto, se si serrano le file e se ciascuno fa il proprio dovere secondo competenza e in spirito di verità, si potrebbe creare una squadra per partecipare alla grande corsa a tappe che sta svolgendosi nel Mondo, tesa allo sviluppo della ricerca applicata sull’impatto ambientale, in cui partecipano poche selezionate e sperimentate “società sportive”, capaci di mettere in campo squadre tecnico-scientifiche che, in versione sportiva, si tradurrebbe come la Mercatone Uno ai tempi di Marco Pantani. Perché i campioni della squadra possano salire sul podio di tale corsa occorre che questa sia affiatata e che, sin dalla prima tappa, agisca affinché i propri atleti, selezionati dal Direttore Tecnico-Sportivo per meriti verificati, rimangano nel gruppo di testa; solo cosi è possibile conquistare la maglia rosa. Durante la corsa non sono ammesse distrazioni, slealtà ed egoismi distruttivi; quello che, ahimè, a Taranto sono difficili a morire.
La società sportiva e la squadra sono ben consapevoli del fatto che, in caso di forte distacco dal gruppo di testa, si rischia l’esclusione dall’edizione della corsa dell’anno successivo, con alta probabilità di perdere gli sponsor e con la possibilità di chiudere i battenti e di perdere gli atleti, i migliori dei quali possono passare in altre società, mentre altri sono destinati ad appendere la bicicletta al chiodo. La società, così, è destinata a sparire. Nella competizione in corso, per strutturare industrie siderurgiche a ciclo integrale più sostenibili sul piano ambientale, economico e sociale, della grandezza e potenza di quella di Taranto, se ne possono contare sulle dita di due mani, e tra tutte queste rimarranno in gara quelle che prima, e meglio, sapranno innovare radicalmente processi e prodotti.
Per far parte di una squadra coesa e con unità di intenti occorre esercitare il diritto di critica lealmente e con misura, come Lei ha sempre cercato di praticare, e così, oltre ad additare le manchevolezze delle proposte altrui, sforzarsi di contrapporre le proprie alle altre senza retropensiero e/o sicumera. È solo così che si delineano naturalmente le convergenze per unire le forze necessarie e centrare gli ambiziosi obiettivi prioritari di rinnovamento strutturale dell’industria in uno con la razionalizzazione e la rivitalizzazione dello spazio urbano, così da migliorare la qualità delle condizioni di vita e di lavoro.
Le aree in cui insistono i grandi stabilimenti a ciclo integrale costituiscono una comunità alquanto ristretta, dispersa nel mondo in diversi paesi, in Occidente come in Oriente, di antica o moderna industrializzazione, che sono afflitti dai medesimi problemi di compatibilità ambientale e accomunati dal medesimo destino.
Perciò è opportuno che questi si prendano per mano e si dispongano in girotondo, tenendo a mente però che questo può ruotare in senso orario come in senso antiorario (a seconda che si adotti una politica espansiva o recessiva), e che le diverse esperienze culturali, i diversi approcci antropologici e le diverse conoscenze scientifico-tecnologiche sono, anche a stadio diverso, intercambiabili; questo fa si che ciascuno imponga un ritmo ed una velocità diversa, rendendo difficile stabilire il da farsi nel tempo giusto per rimanere in circolo, in quanto tutti agognano a migliori condizioni di vita e di lavoro, mentre alcuni beni materiali non sono disponibili nella stessa quantità, per tutti e in ogni luogo (a partire dall’oro blu – riclassificato da tutti “bene comune”).

che da anni è in prima fila per mantenere l’industria italiana competitiva e sostenibile in settori di frontiera quale quello dell’energie rinnovabili e quello dello smaltimento e riciclo dei rifiuti, che molto hanno a che fare con la questione ambientale, cioè quella che attanaglia da anni la comunità tarantina e regionale, la quale, ora confusa ora smarrita, inciampica senza mai trovare la strada giusta per venirne fuori.
A petto di ciò, ci dovrebbe essere spazio solo per persone competenti, al punto giusto indignate, pensose per il bene comune, motivate e non aggreppiate a gilde o camarille, e invece ci troviamo di fronte a improvvisati fuor d’opera in cui alcuni “coraggiosi”, con spavalderia, senza avere scienza, competenza ed esperienza si impancano a voler insegnare come e cosa fare per dipanare una matassa veramente intricata.
E così, molti sono convinti, agendo in modo aleatorio, senza partire dai punti di forza del grande sistema industriale tarantino, di sciorinare ricette miracolistiche e semplificate, e invece di partire da questi, puntellarli e rinnovarli, finiscono col pensare che sia meglio azzerare e cominciare tutto da capo, cioè pretendere di rinnovarsi nel senso della Storia, ma autodistruggendosi.
Lei certamente converrà, al di là di tutto, che la partecipazione democratica attraverso il referendum è una palla da cogliere al balzo da quanti a Taranto come in Italia, anche se in pochi, pensano che sarebbe ben strano quanto delittuoso che una città del Mezzogiorno, pur avendo vissuto con alti e bassi l’esperienza dell’industrializzazione fin dal diciannovesimo secolo e pur annoverando all’interno della Confindustria locale due tra i più importanti gruppi imprenditoriali internazionali, Marcegaglia e Riva, fosse proprio quella che per prima getta la spugna, rifiutandosi di seguire, responsabilmente e con lungimiranza industriale, il nuovo vento della Storia.
Affrontare l’incancrenita situazione di Taranto, dopo che per anni il sonno della ragione l’ha fatta da padrone generando mostri, non è cosa né facile, né scontata, ma non impossibile!
Invece oggi il caso Taranto lo si vuole risolvere, dopo che per anni molta acqua muscëtë (sporca) è passata sotto il Ponte Girevole, con un referendum che sa molto di ordalia, pratica medievale in cui il confronto-scontro era basato solo sulla fortuna e sulla forza bruta.
Occorre essere ben consapevoli che la drammaticità con cui si percepisce in tutto il mondo la questione ambientale impone oggi, nella civiltà post-industriale, in tumultuoso divenire, un confronto su basi diverse per conquistare nuovi modelli di vita e di lavoro. Sono mutati i parametri di riferimento basati sull’accorto e sapiente uso delle risorse non rinnovabili e non disponibili per tutti, nella stessa quantità e in ogni luogo, pur se universalmente agognati.
Perciò fin quanto è possibile, sarebbe opportuno scongiurare il pericolo che a Taranto si crei una situazione malinconica ed improduttiva come quella che, ahimè, si è già consumata a Bagnoli (Napoli) come descritto dal romanzo di Ermanno Rea “La Dismissione”, in cui si descrivono le operazioni di smantellamento, pezzo per pezzo, dell’acciaieria Italsider per trasferirla in Cina.
“L’Impero di Mezzo” è oggi divenuto leader mondiale nella produzione di acciaio, mentre la bonifica del sito di Bagnoli è ancora tutta da completare. L’ultima sessione dell’Assemblea Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese ha portato all’elezione di Li Keqiang a premier del governo cinese e Xi Jinping a presidente della Repubblica. Da questi è stato annunciato nei primi atti che la questione della sostenibilità ambientale, con i suoi riflessi sulla salute, è diventata l’obiettivo principe tra quelli prioritari della Cina, anteponenendolo alla questione delle minoranze etniche (vedi la situazione incandescente con monaci e cittadini tibetani che, anelando all’autonomia e alla democrazia, si danno fuoco!).
La grande industria di base quando raggiunge le dimensioni sia della raffineria a ciclo integrale dell’Eni che dell’Ilva, di fatto assurge ad una funzione preminentemente sociale oltre che economica. Una realtà produttiva della dimensione e qualità di quella di Taranto contribuisce in modo consistente alla stabilizzazione ed al contenimento dei prezzi e garantisce la puntualità e continuità dell’approvvigionamento di molte fabbriche della filiera manifatturiera del Paese.
Alla luce di quanto detto sopra, Le chiedo cortesemente un Suo prezioso intervento personale, frutto di esperienza glocal fatta sul campo e di respiro mondiale, che sicuramente arricchirà il dibattito. Per l’intervento potrà scegliere di partecipare alle tavole rotonde di persona in studio, o con intervento scritto per via e-mail oppure in videoconferenza.
Fiducioso di un Suo positivo riscontro, colgo l’occasione di porgerLe i più cordiali saluti.

Angelo Candelli – editore di Jo Tv
angelocandelli@me.com

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