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Incredibile: querelata la dr.ssa Lamanna per aver protestato contro la disparità di trattamento tra ammalati di SLA!
martedì 14 maggio 2013

da Federcontribuenti




  

Sono circa un paio d’anni che Mariangela Lamanna, vicepresidente del Comitato 16 novembre, una ONLUS con lo scopo di fornire assistenza ai malati di Sla e alle loro famiglie, sta chiedendo a gran voce spiegazioni e chiarimenti sul perché il dott. Mario Melazzini, ex presidente di Aisla (l'associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) e affetto da Sla dal 2002, dimostri un recupero fisico e motorio che non ha precedenti nella letteratura scientifica, poiché la Sla è una malattia degenerativa incurabile e con gli attuali farmaci a disposizione si può solo tentare di rallentarla. Dopo diverse sollecitazioni alla fine è arrivata l’ammissione da parte di Melazzini di aver sperimentato su se stesso un protocollo basato sul trapianto di cellule staminali autologhe. E a questo punto scatta nella dott.ssa Lamanna, socia per tre anni di Aisla, e in altri ammalati di Sla, tutti poi riunitisi nel Comitato 16 novembre, l’indignazione, la delusione e la sensazione di subire delle palesi ingiustizie. In Italia ancora oggi per qualunque trattamento sperimentale, che non abbia un solido protocollo approvato, esiste l’obbligo, se ci si vuole sottoporre, al consenso da parte del Giudice e al benestare dell’Istituto Superiore di Sanità e dell'AIFA, autorizzazioni che per il dott. Melazzini non si sa se siano mai arrivate.

Di fronte a questo grande dubbio, se il dott. Melazzini abbia o no seguito l’iter imposto dalla legge per la sperimentazione, Mariangela Lamanna, come rappresentante degli ammalati di Sla pretende un chiarimento che non arriva, e perciò adotta l’estrema ratio: un esposto alla Procura di Pavia in cui si chiede di compiere degli accertamenti sul percorso burocratico e legale che ha permesso a un ammalato di Sla di accedere a un trattamento personalizzato i cui esiti sono assai incerti. Avere una risposta in questo senso aprirebbe la strada ad altri ammalati di Sla verso lo stesso protocollo, vedendo così garantito il diritto costituzionale alla salute.

Dopo la presentazione di questo esposto la firmataria, la sig.ra Lamanna, viene querelata, non direttamente dal dott. Melazzini, ma da un suo fedelissimo il Sig. Fabrizio Mezzatesta, referente della sezione Savona- Imperia per Aisla. L’intento è palese: distruggere personalmente la vicepresidente del Comitato, perché è l’unica persona “sana”, (sebbene sia coinvolta nella malattia per avere una sorella malata Sla) all’interno del direttivo e perciò in grado di combattere per tutti gli ammalati che rappresenta. 

Federcontribuenti Nazionale, di cui la dott.ssa Mariangela è il delegato per la città di Taranto, unisce la propria voce a quella del Comitato nel richiedere innanzitutto celerità nell’allargare il protocollo di sperimentazione anche ad altri ammalati, superando quelle lunghezze burocratiche, di certo necessarie viste la pericolosità delle cure, ma troppo lente a confronto della progressione della malattia, la quale nei prossimi due anni, ossia quando è previsto l’inizio della sperimentazione su altri pazienti, rischia di portarsi via 300-400 persone, perché la Sla non aspetta e condanna a morte chi ne è affetto. Secondo, che tutti gli ammalati abbiamo gli stessi diritti di accedere alla sperimentazione, soprattutto quando questa avviene in strutture pubbliche (infatti a Melazzini il trattamento venne praticato all’interno dell’ospedale Maugeri di Pavia) e quindi pagate con i denari di tutti. E terzo, che se è stato commesso un illecito, allora che se ne parli e si chiarisca perché al dott. Melazzini sia stato consentito di non attendere i permessi del giudice e dell’ISS per sottoporsi a quelle cure compassionevoli che tanto gli hanno giovato.

Sono molti gli ammalati di Sla che solleverebbero dalla responsabilità degli esiti delle cure i medici e le strutture sanitarie coinvolte pur di avere una possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita, ma a loro non è concesso: perchè questa disparità di trattamento?

Infine preme sottolineare che se c’è stata un'offesa si ha il diritto di pretendere delle scuse, ma si possono scegliere anche strade alternative alla querela, soprattutto se le offese hanno poco spessore. Adottare questa strategia rende evidente che ci si trova di fronte a una vendetta personale nei confronti di chi ha sollevato il coperchio di una pentola che ribolliva da troppo tempo. Il  tentativo di zittire chi ha avuto il coraggio di denunciare una disparità di trattamento tra i malati di Sla, che dovrebbero godere di uguali diritti e dignità, appare un’azione meschina, incivile e umiliante. 

 





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