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martedì 2 giugno 2015

da osservatoriolegnc@libero.it





L'ORA DEL RISVEGLIO

Non riusciamo a fingere per quanto di raccapricciante, da anni, accade nella nostra cittĂ , cittĂ  per la quale non si riesce ad avere attenzione alcuna, per non parlare di "rispetto", quasi fosse cittĂ  da rinnegare, da ignorare.

Da essere mortificati se si ama Taranto, se la volontà della sua rinascita è più forte della sua decadenza, se la visione del disinteresse, diventato vizio comune, addolora profondamente. Professionisti, imprenditori in genere, impegnati unicamente a rincorrere il profitto, gente cosiddetta “bene” per natali, per ruolo, per cultura, non trovano tempo, luogo, motivazione per quelle sferzate capaci di innescare un meccanismo di operosità. Tutto langue, il tempo scorre immobile, coprendo della polvere dell’oblio, dell’ indifferenza, della rovina quanto si potrebbe riportare a vita. Ma, in mezzo a tanto disfattismo, noi dell'Osservatorio proprio non riusciamo a voltarci dall'altra parte, non riusciamo ad accettare una fine segnata, una agonia che comincia dal degrado urbano, quasi fosse una maledizione che risale alla notte dei tempi.

Tutti dicono di amare Taranto… una pantomima, una bugia colossale, o, se è vero, lo fanno solo a parole... esporsi in prima persona... neanche a parlarne, per paura di…Cosa? Boh! Forse di non entrare in qualche corte, foss’anche di un capetto da barzelletta! Noi, sempre dell’Osservatorio, ci chiediamo: perché non cominciare a fare le piccole cose, cominciando, che so, dalle ordinanze? E se non si dovesse poter riuscire ad emetterne una semplice “Perché non ricorrere ai lavori in danno?"

Se questa opportunità fosse avanzata da qualcuno che conta, sarebbe accolta, ma i nostri amministratori, assessori e sindaco in testa, non sanno proprio come uscire da questo vicolo cieco, anche perché la sovrintendenza, in maniera lapidaria, non perde occasione per sentenziare, forse pilatescamente:

“Non possiamo vincolare ogni Locanda nella quale è passato Garibaldi...!”

Però, non c’è che dire! Compreso con chi si ha a che fare ?Pure bisogna scrollarsi di dosso incuria, indolenza, menefreghismo, apatia, appunto cominciando dalle piccole cose, “dall’alfabeto della prima elementare, per procedere con la formulazione delle parole, quindi delle frasi, dei temi, ecc.”. Nessuna velleità di volare alto, di progetti costosi, di rivoluzioni urbanistiche. Passo dopo passo, coinvolgendo i cittadini di buona volontà, le associazioni non a fini di lucro ma a “fini di rinascita”, si può invertire il cammino della disfatta, prendendo spunto da quanto fatto, magari, in altre città. O gli amministratori hanno paura del coinvolgimento volontario dei cittadini?

Vale rammentare che è il cittadino detentore del potere, che il ruolo degli amministratori è un “ruolo di servizio”, di servizio al cittadino, di servizio al soddisfacimento dei bisogni del cittadino. Senza entrare nel merito della società orizzontale, la nostra, e della società verticale, che tutti egoisticamente tendono a preservare, vogliamo rimarcare “Le istituzioni siamo noi… “ (“Sulle regole” di Gherardo Colombo) e mai dobbiamo dimenticarcene.

Sicchè, noi dell’Osservatorio, purtroppo per i ”menefreghisti”, non siamo intenzionati a tacere, continuiamo a denunciare, scrivere, parlare, magari sproloquiare, in questo frangente appellandoci a chi, appena uscito vittorioso dalle elezioni, può farsi paladino per la soluzione di alcuni problemi, conditio sine qua non per quella rinascita, per quella ripresa che deve necessariamente partire dal turismo, dalla riformulazione di un programma per il recupero e la valorizzazione delle potenzialità, del patrimonio turistico. Stop alla fatiscenza, al degrado edilizio indubbiamente deterrenti! Stop alla sopravvivenza di ruderi e incompiuti! A inizio stagione estiva ci duole notare che, come sempre, Taranto è fuori dalle rotte, a meno di non esultare per poche decine di studenti in visita per la gita di fine anno scolastico! Eppure, appena qualche giorno fa, in un programma di cucina su una rete satellitare, uno chef di rango, assaggiando un piatto di “cozze”e gustandole deliziato, ha profferito: ”Queste sono cozze di Taranto”. Chiaro? E’ ancora conosciuta la bontà di quello che era un fiore all’occhiello, devastato dalla piovra Ilva et similia. Cosa aspettiamo a riprenderci identità e possibilità? Lo chiedo ai tarantini ed agli amministratori, soggiogati dal potere economico, tanto da rinnegare la città.

Emma B. Conenna




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