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L'8 febbraio di quindici anni fa moriva Giuseppe Tatarella.
Il ruolo di Taranto e della Puglia


di Pierfranco Bruni


Pierfranco Bruni e Giuseppe Tataralla, 1998


L’8 febbraio di quindici anni fa moriva Giuseppe Tatarella

Un destino che lo accomuna a Francesco Grisi

scomparso nello stesso anno ed io testimone di un accordo culturale e politico

 

di Pierfranco Bruni

 

 

 

      L’implosione della destra e di Alleanza Nazionale deve, ancora di più, far riflettere sul ruolo di un politico e di uno statista come Giuseppe Tatarella. Era l’Otto febbraio del 1999. Soprattutto in questo particolare momento ricordare Giuseppe Tatarella a quindici anni dalla scomparsa significa proporre una riflessione sul ruolo che ha svolto la destra e Alleanza nazionale dalla fine degli anni Ottanta sino alla sua implosione. Tatarella è stato l’unificatore di istanze politiche e culturali ma è stato lo stratega che ha immediatamente intuito il nuovo ruolo che avrebbe avuto una politica filtrata dalla cultura all’interno del contesto del mondo moderato. Credo che questo sia uno dei riferimenti centrali per avviare una stagione di progettualità politica nel nome di Tatarella. Ma bisogna conoscere gli antefatti per addentrarsi in una pagina ricostruttiva. 

      La Puglia nei primi anni Novanta è stata il vero laboratorio del rapporto tra politica e cultura nella realtà di Centrodestra.  Ci sono ricordi che riportano non a dieci anni fa ma al 1992. Il vero momento di dialettica si è sviluppato tra il 1992 e il 1993. Protagonisti e personaggi che sono rimasti nell'ombra sono dentro questo percorso. Idee lanciate come provocazione culturale e tesi che sono state recuperate e riprese sono elementi che ci fanno ritornare a quegli anni. Una prima discussione “storica” su Mezzogiorno, politica e cultura ebbe luogo proprio in Puglia con un intreccio di posizioni e di esperienze provenienti da mondi politici articolati.

      Dalla Puglia, ma direi dal Sud (Campania, Puglia e parte della Calabria) nacque, in fondo, l’idea di una vera Assemblea costituente di quella che poi sarà Alleanza nazionale. l’obiettivo di Tatarella era quello di mettere intorno a un tavolo uomini politici e uomini di cultura per discutere di temi alti. Ci riuscì. Ebbe motivazione una ampia discussione tra testimonianze cattoliche, realtà liberali, modelli tradizionalisti.   La grande Assemblea costituente di Alleanza nazionale portò a questo. La riunificazione dei circoli. Il confronto tra sezioni ancora allora esistenti del Msi e i circoli di An.

      Il confronto ma anche le straordinarie incomprensioni. Modelli politici e culturali di destra, del mondo cattolico, del mondo laico, di alcune realtà monarchiche in un confronto serrato che ha sviluppato una dialettica ampia su tutto il territorio nazionale. Quell'andare oltre la destra, più volte sottolineato da Tatarella, aveva delle motivazioni culturali profonde. Quell'andare oltre apriva dei raccordi tra la politica e la società e non solo nel contesto delle formazioni di destra e moderate. Un'esperienza fondamentale che aveva un senso.

      La Puglia, in prima istanza, è stata un banco di prova consistente. Quella destra nazionale che aveva trovato, appunto, in Giuseppe Tatarella un riferimento per una democrazia "aperta". Parte proprio dalla Puglia l'esperienza che ha dato corpo alla struttura di un "nuovo" partito e soprattutto a un modello di concepire la politica fuori dagli schieramenti precostituiti. Infatti quell'andare oltre la destra è diventato un andare Oltre il Polo. Ci sono alcuni particolari che ormai sono storicizzabili. Anzi sono nella storia di un rapporto tra politica e cultura. Particolari che ho vissuto direttamente ma che restano nel percorso della storia politica che ha visto la nascita di un "soggetto partitico" qual è  stata Alleanza Nazionale.

      E' bene ricostruire, se pur per frammenti e per episodi, questi tasselli che hanno dato vita al mosaico di An e al progetto culturalpolitico di Tatarella. Li ho vissuti, dicevo, con entusiasmo e impegno. Faccio alcuni riferimenti. Il Sindacato Libero Scrittori Italiani guidato, allora, del segretario generale Francesco Grisi (scrittore molto attento ai fenomeni provenienti dal mondo politico e dal confronto dialettico sul pensiero ideologico, sia a destra che nell'intero mondo cattolico, che è stato al centro del dibattito degli ultimi anni: a partire dalla nascita del Sindacato risalente ai primi anni Settanta) ebbe una sua presenza non trascurabile nella messa a fuoco delle questioni relative proprio alla data di inizio del nuovo soggetto politico. Ci fu uno scambio di opinioni molto serrato tra lo stesso Grisi e Giuseppe Tatarella sul rapporto tra politica e cultura e sul ruolo che il processo culturale poteva giocare all'interno della visione politica che doveva assumere il nascente soggetto politico che verrà chiamato Alleanza Nazionale.

      Si era già dopo l'estate del 1992. Molto prima del 1993 - 1994. Ma la discussione era abbastanza avviata. Grisi, che orbitava in quella cultura cattolica di destra, aveva da tempo sostenuto la tesi di un posizionamento che andasse culturalmente oltre gli steccati della destra tradizionale. Ci furono alcuni incontri importanti (e significativi sul piano di una dialettica che superasse la politica tout court) tra Grisi e un gruppo di intellettuali che animavano il Sindacato anche nelle sedi periferiche.

      Ma il dato pregnante di una valenza progettuale sul piano politico - culturale e umano fu il costante incontro con Tatarella. Nel 1992 e nel 1993 era diventato un interlocutore privilegiato in virtù di una elaborazione politica che avesse al centro una discussione fortemente caratterizzata da aspetti culturali. Da qui, in fondo, nacque nel novembre di quell'anno il primo incontro (che vide la partecipazione di un ristretto gruppo di intellettuali e di politici) che si tenne nella sede del Sindacato Libero Scrittori in via IV Novembre a Roma.

      In quell'occasione si formularono alcune ipotesi. A destra la presenza storica del Sindacato era diventata una garanzia soprattutto per le innovazioni che avanzava all'interno della cultura militante. E Tatarella guardava con molto interesse ai convegni, alle pubblicazioni, alle provocazioni culturali innescate dal Sindacato. Molti di noi vengono fuori da una militanza assidua e da una attività seria svolta all'interno del Sindacato e molti di noi hanno aderito alla costituente di Alleanza Nazionale.

      D'altronde, personalità come Domenico Fisichella, come Publio Fiori, come Gustavo Selva come anche (successivamente) Adolfo Urso (a considerare gli elenchi nominativi che sottolineano le varie adesioni) risultavano iscritti al Sindacato e tuttora sono molto vicini a quel sodalizio che era sorto per contrapporsi all'egemonia della cultura comunista. Fisichella fu un tassello importante per il Sindacato e fu amico, come gli altri nomi citati, personale di Francesco Grisi. L'incontro a via IV Novembre fu, a dirla ora a distanza di oltre dieci anni, un auspicio che aprì prospettive ad una vasta area di consensi.

      La nascita della prima assemblea costituente vide molti componenti del Sindacato svolgere un ruolo progettuale in diversi territori. Grisi svolse proprio in quell'occasione un intervento lungimirante ponendo in discussione la funzione svolta dalla cultura cattolica (diremmo di centro sul piano politico) nella difesa dei valori tradizionali. Pose le basi, tra l'altro, per un approfondimento maturo, sugli scrittori dell'utopia oltre Evola recuperando una cultura dell'identità nazionale che poneva al centro Croce e non solo Gentile. Era ciò al quale tendeva anche Tatarella. Aprire un dibattito su Sturzo, De Gasperi e Moro.

      Il Sindacato Libero Scrittore che nasceva dalla spinta di una cultura cristiano - cattolica trovò dei modelli di comparazione  proprio attraverso quei riferimenti. E in un convegno svoltosi a Bari successivamente Grisì articolò, alla presenza di Gianfranco Fini, di Tatarella, di Adolfo Urso un raccordò tra la cultura crociana e la ricerca estetica nella cultura moderna. Tatarella mi impose in quella circostanza di parlare di Beni culturali e Mezzogiorno. Io allargai il tema soffermandomi sul rapporto tra patrimonio culturale e Mediterraneo. Ecco, mi disse Tatarella, il Mediterraneo è un tema che ci riguarda in modo particolare. Ne discutemmo con Grisi a lungo. I risultati continuano a farsi sentire. Proprio in quei giorni Grisi venne invitato in molte sezione dell'allora Msi a presentare il suo romanzo che aveva visto la luce in quei mesi nel quale si raccontava addirittura il rapimento di Aldo Moro.

      Tatarella aveva un'alta considerazione del ruolo svolto da Grisi in quell'operazione che andava oltre la destra stessa tanto che lo volle con sé in molte occasioni e lo considerava addirittura un porta fortuna. Disse in un incontro svoltosi a Lecce, dove capitammo (io, Grisi e altri amici) per una pura coincidenza, che la presenza di Grisi era un segnale profetico in quei giorni in cui si discuteva, appunto, della svolta che stava vivendo la destra. E non fu per caso, io che ricoprivo la carica di vice segretario nazionale del Sindacato, che venni nominato come primo coordinatore provinciale di Taranto di Alleanza Nazionale. Mi giunse la nomina da Adolfo Urso, che aveva già avuto con Grisi incontri e svolto alcune valutazioni anche in termini operativi sul piano di una progettualità culturale.

      Ma il Sindacato venne tenuto in considerazione anche quando An dovette scegliere alcuni assessorati nelle amministrative del 1995. Si creò un cordone consistente che aveva una sua strategia operativa e politica sul versante della cultura. Io, consigliere nazionale e vice segretario nazionale del Sindacato e socio fondatore di An, venni nominato assessore alla cultura della provincia di Taranto. Tommaso Romano, vice presidente nazionale del Sindacato, venne nominato assessore alla cultura della provincia di Palermo. Marina Campanile, presidente regionale della Campania per il Sindacato, ebbe l'incarico di assessore alla cultura della provincia di Caserta mentre a Milano veniva nominato Assessore regionale il compianto Marzio Tremaglia.

      Il rapporto tra politica e cultura trovava una chiave di lettura importante in questa strategia e Grisi e Tatarella ponevano dei tasselli che andavano al di là del quotidiano mosaico del fare politica. In quel primo incontro in via IV Novembre si sancì e si ufficializzò la nascita di un nuovo soggetto politico ma si puntava ad una politica che potesse avere degli obiettivi ben  solidificati in una esperienza decennale che era quella della cultura militante. Subito dopo Tatarella, Grisi ed io  parlammo sul come organizzare un convegno e una mostra sul Futurismo. Cosa che si fece qualche tempo dopo in Puglia tra Taranto, Bari e Lecce.

      In quell’incontro ci furono molte altre persone ma Grisi, il professore Grisi e non solo lo scrittore, si era reso disponibile non solo e non tanto per la sede ma per innovare, sul piano della progettazione e della strategia, in una fase complicata, una stagione della vita politica che ha poi cambiato il volto della società politica italiana. Il Sindacato continua a discutere su questi temi, continua a stare vicino a molti intellettuali che hanno fatto una scelta politica, continua a porre al centro questioni e modelli nello spirito della libertà e del confronto.

      In quel primo incontro del 22 novembre, nella sede del Sindacato, si aprì, dunque, una discussione storica. Sarebbe utile non dimenticare. Un tracciato che resta indelebile, dal quale si è sviluppato un modo di confrontarsi, attraverso la politica, con una società che vive costantemente in transizione. Con la nascita di Alleanza Nazionale si era, allora, in quel tempo convulso ma importante, innescate prospettive, in cui il dialogo politico rappresentava un luogo del pensare altro rispetto ai condizionamenti ideologici vissuti nei decenni precedenti.

      Proprio il rapporto con il mondo della cultura, allora, costituiva una motivazione forte e stimolante che andava al di là degli abusati schemi partitici. Giuseppe Tatarella rappresentava un garante dei processi culturali che si stavano muovendo. Un politico che aveva ben capito, dalle esperienze e dal suo vissuto, il ruolo che poteva rivestire la cultura. e non in termini gramsciani o gentiliani. Tatarella amava e aveva ben studiato Benedetto Croce. Non credeva alla organicità ma all'impegno di un rapporto tra politica e società civile.

      Mi disse dopo un convegno dedicato a Gentile: “Lancia una sfida sul Croce. Vedrai che bel dibattuto si aprirà”. Sviluppammo successivamente un importante convegno su Vico con un interesse particolare sia dell’Università di Bari che di Lecce. Si era molto interessato al mio libro su Giuseppe Caradonna, pubblicato in quei mesi, e al successo che stava riscuotendo perché poneva in essere un argomento delicato che avevo trattato non sotto le luci ideologiche ma storiche e far primeggiare la figura di Antonio Salandra era stato per lui uno stimolo a rileggere una destra completamente liberale.

      Una svolta vincente, quella tra politica e cultura, non solo in termini elettorali ma sul piano progettuale. An nasceva, allora, sulla base di un progetto che era insieme culturale e politico. Ma si pensava già di andare oltre. Ovvero Oltre il Polo. Eravamo già oltre il Polo e lo eravamo tra il 1995 e 1999 con un impegno che è andato superando le discussioni della politica parlata ma entrando nel pensiero della politica attraverso tre direttrici: il Mediterraneo come identità, la valorizzazione del patrimonio culturale come risorsa, la capacità di far vivere le avanguardie artistiche nei processi politici. Sul tema del Futurismo abbiamo sviluppato delle idee importanti riportando il Futurismo nel Sud con la storia, i protagonisti, l’arte.

      “Non mi interessano le discussioni fumose politiche. Ho bisogno di vederti in azione nella piena libertà. Tu sei uno spirito libero e per questo devi produrre cultura. Nel momento in cui una tua operazione avrà un portato prettamente politico non sai più in grado di fare cultura e non potrai più fare l’assessore. Un assessore alla cultura deve creativo. Proprio per questo io farò l’assessore al Mediterraneo del Comune di Bari e i nostri progetti dovranno avere una base comune su una sintesi culturale”. Così mi disse per telefono  il 30 gennaio del 1998.

      Il giorno successivo in un’altra telefonata (le nostre telefonate erano più di due ogni giorno) aggiunse: “Preparati, perché mi dovrai rappresentare in un convegno all’0estero sul tema delle politiche culturali dedicate ai Paesi del Mediterraneo. E dovrai andarci tu. Ma mi dovrai sciogliere un nodo: Giuda è di destra o di sinistra?”.

      Perché mi lasciò con questo interrogativo? Avevo semplicemente organizzato un convegno sulla figura di Giuda e nella discussione uscì fuori la questione di un Giuda di destra o di sinistra. Se ne occupò la stampa nazionale tanto che il settimanale “Panorama” aprì un suo editoriale proprio con il nostro convegno. Ma il punto nevralgico restava il tema del Mediterraneo e intorno a questa problematica avevamo costruito un libro particolare che trattava di Bari, della piazza, della festa e della metafora dei luoghi come dimensione di una cultura mediterranea. Un libro scritto in pochissimi giorni. Molte delle nostre chicchiarate si possono trovare tra le righe di quel discorrere.

Politica e cultura. O meglio si fa politica ripartendo sempre dalla cultura. Da quella non faziosa. Perché Tatarella non era fazioso e lo ha dimostrato nel Premio alla Cultura organizzato a Bari o lo abbiamo dimostrato con il Premio letterario  “Gli Ori di Taranto”. Lo abbiamo più volte manifestato anche in occasione di un convegno e di una mostra sul Brigantaggio e le Insorgenze al quale Tatarella partecipò orgogliosamente. Politica e cultura oltre gli steccati ma nella progettualità.

      L’attualità sta proprio in questo raccordo che ben aveva capito Tatarella e ben aveva sottolineato Grisi. Io venivo dalla scuola di Grisi e mi immettevo nella curiosità e intuizione di Tatarella. Un mondo che non si riconosceva nelle sinistre aveva bisogno di riferimenti altri non solo in termini politici ma anche culturali attraverso una funzionalità dei processi nella società non soffermandosi radicalmente sulle appartenenza.

      La politica ha il compito di guardare neppure al presente, mi diceva spesso, ma di considerare le profezie che solo la cultura potrà offrire. Stavamo costruendo questo nuovo cammino. Un cammino improvvisamente interrotto. Il 1999, l’8 febbraio, Tatarella moriva. Due mesi dopo, il 4 aprile sempre del 1999, moriva anche Francesco Grisi. Io testimone di tutto ciò all’interno di un processo politico che oggi è diventato storico.

 



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