PAPA FRANCESCO. IL CORAGGIO E LA MISERICORDIA
IN UN MIO ANTICO INCONTRO NEL NOME DELLA CARITA’
TRA I POPOLI
DI PIERFRANCO BRUNI
La
carità, la povertà e i processi di un mondo legato al dubbio della spiritualità
da una parte e ai costanti relativismi dall’altra. Tre aspetti che sono dentro
la religiosità del Cristo. Di quel Cristo popolo che abbraccia le incertezze di
tutti e ne fa il dono di una misericordia dentro i passi della fede. Il nuovo
Papa è un segno tangibile non solo di una rottura di schemi nel mondo del
Vaticano ma è soprattutto un linguaggio diverso che si affaccia nel registro
del trono di Pietro e parla con il volto, lo sguardo, la speranza di una
esperienza che va oltre la Chiesa gerarchia.
Ho
avuto modo di conoscere il Cardinale Jorge Mario Bergoglio nei miei viaggi in
Argentina e proprio in quella città di italiani, di europei, di spagnoli, di
una America Latina che sa di essere occidentale ma sa anche di doversi
confrontare con i Paesi di un Oriente che si impone con la sue religioni ma
anche con le sue forme di cattolicesimo, Buenos Aires, il dialogo si è
improntato su due aspetti fondamentali dentro la cultura moderna: la speranza e
l’attesa.
Ora
Francesco, il Papa Francesco, è nel solco di un carisma emblematico. Il
Francesco d’Assisi, la povertà che si è fatta esistenza nella chiesa popolo e
nella chiesa che si pone in ascolto anche fuori dalle retoriche delle liturgie.
Ma nel Papa Francesco ci sono molti elementi, che emergono dalla sua parola,
dai suoi scritti, da quel suo linguaggio che vuole restare silenzio per
ascoltare, lo ricordo benissimo nella mia conferenza su Giovanni Paolo II e
Jaocopo da Todi in una città religiosa, bella e assordante come è tutta
l’Argentina del tango vissuto nell’anima, che riportano ad un altro Francesco:
Francesco di Paola.
La
povertà e la carità. Per un sacerdote, un vescovo, un cardinale che ha una
formazione da gesuita potrebbe aprire, ciò, delle chiavi di lettura sui temi
teologici del progressismo e dell’incontro tra teologia e cultura in senso
lato. Ma Francesco, questo nuovo Papa, ha dalla parte sua un esempio molto caro
che è quello di San Giuseppe Moscati. Anche Moscati è nella formazione dei
gesuiti. E cosa significa questo?
Diceva
San Giuseppe Moscati: “Non dimentichiamo di fare ogni giorno, anzi, ogni
momento, l’offerta delle nostre azioni a Dio compiendo tutto per amore”. E c’è
il francescano ai piedi della misericordia che si fa bellezza. Questa è la fede
della centralità di una cristocentricità che esclude forme e poteri dentro i quali
la Chiesa degli ultimi tempi era precipitata.
Ci
sono problemi etici da affrontare. Problemi in cui le povertà avanzano. Fattori
di precarietà esistenziale. Paure. Tremori d’anima. Perdita di contatto con il
sacro. Religiosità che si confonde con regole oltre il sacro. Civiltà nuove in
cui i feticci di una antropologia si trasformano in strazi di esistenza per le
famiglie. Papa Francesco sa dell’eredità che si porta dietro ma noi sappiamo in
quale cultura, in quale contesto, in quali strutture reali ha sviluppato il suo
messaggio pastorale.
Ricordo
che mi disse che c’è la preghiera che deve coronarci le mani con il rosario dei
giorni ma c’è soprattutto l’esempio che deve rappresentarci. Una bella missione
dentro una Chiesa che si è frammentata e mettere insieme i cocci di una
struttura nel nome di una nuova visione della Chiesa non è certamente facile.
Ma
la fede non è facile. Perché la grazia ci porta a ciò che spesso diceva
Giuseppe Prezzolini che nella verità Dio è sempre un rischio. Io che, in questi
anni, ho combattuto la mia battaglia, buona o non buona non ha importanza in
questa occasione, per tentare di far capire come si può essere eretici restando
in Cristo ora la presenza di un gesuita – francescano mi pone realmente una
questione che non è assolutamente etico o teologica ma profondamente
metafisica.
Lo
dico sin da ora e non potrò essere smentito. Francesco sarà il Papa della
svolta perché sarà il sacerdote che camminerà con noi oltre le apparenze. E se
ho visto bene come in Argentina era considerato e come era amato in nome non
della carica che rivestiva ma della parola che offriva e dei segni di umiltà
provvidenziale che lanciava posso ben dire che nell’anima di una Nazione quando
il sorriso si fa verità e speranza si è già oltre la tristezza che cammina nei
cuori feriti e vuoti.
Il
Cardinale nel passaggio pastorale ha segnato di speranza il cammino. C’è sempre
una vita nascosta con Cristo in Dio, direbbe San Paolo e questo nuovo Papa è un
viandante che non solo viene da molto lontano, come direbbe Giovanni Paolo II,
che lo incoronò Cardinale, ma proseguendo il suo cammino si fa pellegrino dei
popoli e delle genti. Perché l’America Latina è un grande popolo ma è anche una
civiltà in sofferenza e costituisce l’esempio non solo di una geografia
territoriale ma di una geografia di anime che sono quelle americane, quelle
Occidentali e le storie intrecciate nelle altre religioni che non ammettono
confronti.
E
Papa Francesco il confronto lo ha già chiesto perché lo ha vissuto nella sua
formazione. Le sue origini piemontesi lo rendono un uomo di terra come era San
Francesco. Il suo modello cristiano non nasce dalla teologia della saggezza ma
dal mistero misericordioso.
Il
mistero e la preghiera. Due altri elementi che sono nel suo pellegrinaggio religioso.
Portare l’esempio: è questo il vero testamento di fede in una chiesa che trema
nelle divisioni. E l’esempio è un gesto di pazienza nel comunicare il coraggio
dell’esserci nella preghiera, o meglio di dare un senso alla preghiera. E
quando si da un senso alla preghiera anche la testimonianza non ha bisogno
della tolleranza perché il rosario è già il superamento della intolleranza. Un
Papa nuovo, dunque. Non direi nuovo.
Un
Papa di cui abbiamo bisogno. Celestino V fece la grande rinuncia nei confronti
di una chiesa in decadenza. Benedetto XVI ha fatto la grande rinuncia nei
confronti di una chiesa che non si è saputa contrapporre al relativismo.
Francesco ha accettato perché la Chiesa deve ritornare a suoi due pilastri: la
cristocentricità come dono tra i popoli nel “Cantico delle Creature” e la forza
di saper guardare oltre con il volto, lo sguardo, gli occhi di Maria.
La
Chiesa dagli antichi orizzonti nella tradizione della Grazia eterna. Il suo
Francesco è un simbolo. In questo buio devastante l’uomo del relativismo aveva
persino smesso di leggere i simboli.
Questo
Papa ci invita ad abitarli i simboli nel nome di un Cristo risorto lungo i
passi del nostro essere uomini. Lo ricordo. Con la sua umiltà, il suo sorriso,
la sua attenzione mentre tentavo di legare il “Cantico delle Creature” alla
“Terra Promessa” di Giuseppe Ungaretti. Fu incontro nel nome di Giovanni Paolo
II.