Come sei bella con i riccioli biondi vestita da araba
sul letto del Doge
e ti amerò mille notti e una notte ancora
di Pierfranco Bruni
“Sei
araba? Mille e una notte ancora sul letto del Doge. Io sono un sultano che ti
canta la vita e ti afferra il tempo vincendo l’oblio…”.
“Sono
araba. I miei riccioli biondi hanno i profumi d’Oriente. Resterò nel tuo
palazzo e sarà il mio palazzo. Le bifore hanno le rose bianche dei balconi di
Venezia”.
Ascolto
questo dialogare. Non mi sorprende. Il vento è nella laguna. Un camminare sotto
i ponti. L’araba il sultano… Il mio romanzo che racconta l’amore tra Asmà e
Shadi… Continua il dialogare ma viene interrotto da una voce che canta e si
sovrappone.
“Come
sei bella più bella stasera Mariú!/ Splende un sorriso di stella negli occhi
tuoi blu!”. Lido di Venezia. Echi di un suono antico che cammina negli anni. Mi
accompagna con il vento e la salsedine degli ultimi giorni di agosto.
Venezia
non è una città. È una magia. L’Oriente che non smette di recitare Marco Polo e
viaggia tra le isole e gli amori. Venezia è una alchimia.
Cammino
tra le calle. Scompiglio i corti capelli alla donna dai riccioli biondi che
gioca alle maschere nude nello scenario di un teatro che ritma il suo “Anonimo
veneziano”.
“Mi
prendi l’anima”. Sussurro sulle labbra alla donna dai riccioli biondi.
Mi
risponde: “Non solo l’anima. Anche il cuore. Anche il corpo. Voglio danzare sul
tuo corpo. Lascia che io danzi tutti i balli di Cleopatra e delle donne arabe
nei veli del verde degli sciamani. Tu segnami tutte le pieghe del mio corpo e
penetrami il silenzio che mi porto dentro. Vincimi con la tua voluttà. Dai, non
smettere di danzare. È il gioco dei numeri infiniti che sconfigge la morte. Io
non sono l’ombra. Sono la tua sensualità smarrita nel sogno della mia
sensualità”.
Ancora
una voce mi canta nel vento: “Parlami d'amore, Mariù!/ Tutta la mia vita sei
tu!/ Gli occhi tuoi belli brillano/ Fiamme di sogno scintillano.// Dimmi che
illusione non è/ Dimmi che sei tutta per me!”.
Ancora
nel mio cammino la donna indefinibile e incantevole dai riccioli biondi.
Chi
sarà mai? Facile. Chiedetelo a Shadi. Vi risponderà senza esitare e senza
alcuna reticenza. La donna dai riccioli biondi. È Asmà.
Così
dirà Shadi: “Leggendo il mio romanzo la donna araba dai riccioli biondi ha il
suo indirizzo segnato. Non vi potete sbagliare. A pagina 1955 troverete la
soluzione”.
Mariù.
Parlami d’amore dal lido di Venezia. Ricordi? Ci siamo persi nei luoghi della
Locandiera e Goldoni da Piazza San Marco tirava gli scacchi sulla testa dei
leoni. Noi sulla gondola si remava la laguna. Ma era soltanto qualche epoca fa.
Mica secoli, avrebbe detto er Califfo.
Poi
sono arrivati gli altri. Ma noi eravamo lì ad ascoltare quell’Anonimo di
Alessandro Marcello (o Benedetto? Ma la querelle è risolta!) ripreso da Stelvio
Cipriani per il film di Enrico Maria Salerno dal romanzo di Giuseppe Berto.
Sbaglio volutamente. Dal soggetto di Berto per il film di Salerno è nato il
romanzo? Ma questi sono dettagli.
Forse
Venezia è anche una avventura che si veste di tardo barocco per dipingere le
ciglia di Asmà. Certo. È così. Asmà è la donna dai riccioli biondi. La mia
amante dagli occhi penetranti e dal corpo di nuvola che ha la leggerezza di un
airone tra le sfumature dei verdi e una palma antica che segna ricordi.
Come
sei bella con i tuoi riccioli mia Asmà, mentre mi reciti l’amore.
“Ti
raccoglierò sotto il mantello verde negli inverni che verranno. Ti coprirò il
capo con uno scialle di seta verde negli autunni che ci saranno. Ti vestirò di
lino che ha le sfumature del verde dentro il bianco nei giorni dell’estate. Per
aspettare il settembre che verrà tu mi coprirai con le tue carezze ed io ti
offrirò il mio respiro e ti porterò nel campo delle fragole”. Così disse Shadi
ad Asmà.
Ho
riletto, da questa città che sembra perdersi nell’oblio, il destino di Shadi e
di Asmà. Lui ha lunghi capelli che gli cadono sulle spalle. Parla con le parole
degli sciamani della Terra del Sole e ascolta prima che il silenzio si possa
lacerare. Lei è una gazzella. Ha gli occhi di terra e di mare. Bella. Ha
l’eleganza di Marylin.
Occhi
azzurri nell’intreccio degli orizzonti indiani e porta piccoli riccioli biondi
sui corti capelli. Svelato, dunque, il segreto. Ma segreto non è. È solo magia
nel canto di Aladino che viola l’infinito per restare nell’eterno. A Venezia
ascolto una viola.
Perché
ho gli echi di ritornelli di canzoni che non mi appartengono? Una spiegazione
deve pur esserci. Ed ecco: “Non ti scordar di me;/la vita mia legata e a te/io
t' amo sempre più/nel sogno mio rimani tu.//Non ti scordar di me/la vita mia
legata e a te/c'è sempre un nido/nel mio cuor per te”. 1935. O no?
È
proprio vero. Venezia è un’avventura. Mischia le carte senza alcun trucco.
Suoni arabi e parole d’Occidente agitano il vento che sibila tra i ponti e nel
lagunare di acque che sbattono sui porticcioli. Si ferma un imbarcadero. Ci
porterà agli Schiavoni. Restiamo mano nella mano. Io e la donna dai riccioli
biondi. Accanto sono seduti Shadi e Asmà. Ma la donna dai riccioli biondi non è
Asmà?
Non
voglio reinventarmi il doppio, lo specchio o la maschera. Anche se a Venezia
tutto può essere lecito. Anche di incontrare Gabriele ed Eleonora che si
rincorrono tra le pagine del fuoco mai spento e sempre acceso e di pazzia
vivono e muoiono. Qui è possibile trovare anche Pedro Alarcon vestito da
principe spagnolo. Tutto è possibile e nulla è impensabile.
La
donna dai riccioli biondi mi si avvicina stretta stretta, mi morde le labbra. E
mi dice: “Parlami d’amore/tu che puoi./Mai potrai di me scordarti/io e te siamo
l’unico viaggio/che giammai si smarrirà”.
Mi
guardo intorno e siamo soli. Non ci sono più Shadi e Asmà. Spariti. Un magico
destino. O semplicemente un destino? Venezia non è un capriccio. Le gondole si
dondolano. Il sole fa ombre e le nuvole hanno chiarore.
Come
sei bella, più bella che mai… Forse dimentico le parole. Ma una voce mi canta:
“Ricordi una mattina che non andammo a scuola…”. Perché questo echeggiare di
malinconie. Venezia è vita.
“Restami
accanto. In questa notte veneziana. Non vedi? Il carnevale è il sempre. Non
senti? Sono le chitarre gitane in questo scenario zingaro…”.
“Ma
no, mio diletto. Parlami con le parole dell’amore. Non essere istrione. Baciami
con il miele delle tue labbra. Io ti bacerò con il cuore che ti porto”.
“Perché
cerchi il linguaggio dei Cantici? Noi siamo nomadi. Io sono straniero. Non ti
amerò con la dolcezza dei sensi. Ti penetrerò con la sensualità della vita”.
“Elegiaco.
Sublime. Sei estasi. Ma parlami con le parole dell’amore, mio diletto. Io sono
la tua colomba”.
“Già,
dimenticavo. Sei la mia colomba? Una di queste colombe che vola tra gli intagli
di Piazza San Marco? Allora. Ricostruiamo tutto, diletta mia. Chiudo qui la mia
follia e d’ora in poi reciterò soltanto dalla torre dell’isola”.
Questo
breve dialogare a chi affidarlo? Ad Asmà e Shadi o allo scrittore che ha
trovato il suo autore e alla donna dai riccioli biondi?
Ci
saranno altri giorni, poi altri giorni ancora, poi ci sarà la notte e poi il
tempo non si consumerà.
“Parlami
con i gesti dell’amore, diletto mio”.
“Ti
amerò con la vita tutta, colomba mia”.
“Mio
sultano, lasciami come sogno tra una notte e mille notti ancora”.
“Sei
araba? Non rispondere. Ti amerò sul letto del Doge. Preziosa come la luna nel
disincanto del sogno. Tu sei”.