Se
c’è una Ragione Nolente, nella prassi della politica e nella storia della
politica, deve pur esserci una Ragione Volente, che crea processi intorno ad
una visione delle idee e dei valori. Io non credo che siano morte le ideologie.
Credo piuttosto che le ideologie smarrite abbiamo trasformato il pensiero di
una Ragion pratica intorno al modo di concepire la struttura della società e
con essa l’intreccio tra identità e radicalismo.
C’è
un problema di fondo che si è aperto proprio in questi giorni.
La
cacciata di Berlusconi dalle Istituzioni ha, sostanzialmente, lacerato quella
ferita che già da anni aveva tagliato a metà la filosofia della cittadinanza
alla libertà con il diritto alla democrazia. Le civiltà che cambiano e si
trasformano non passano attraverso colpi di maggioranza.
Le
idee che divengono “popolari”, o i comportamenti giudicati tali, non sono
frutto di un atto rivoluzionario se pur a priori. La rivoluzione delle idee, e
prima di essere considerata rivoluzione diventa ribellione e ancora prima
rivolta, non è “dettata” dalle maggioranze. Le maggioranze, a volte, sono
greggi nelle piazze ma anche nei contenitori di un “Paese”. Non possono esistere,
tra storie e identità diverse, idee e modelli storici condivisi. Si è sempre
autonomi e separati.
Le
cosiddette larghe intese diventa un eufemismo, o meglio un effimero
comportamento per reggere le “gesti” del potere costituito. La visione delle larghe
intese non è partecipazione di “popolo” perché il “popolo” non le ha votate.
Ha, invece, votato schieramenti. Non esiste sia sul piano di una corretta
formula di diritto costituzionale e tanto meno di ontologia del pensiero
politico far reggere un potere costituito sulla base di posizioni politiche
completamente divergenti ed eterogenee.
In
questi giorni ci si è scandalizzati su chi ha parlato di colpo di Stato. Non
c’è nulla da scandalizzarsi. Non è stato un Colpo di Stato la non convalida di
Berlusconi a senatore. È da considerarsi, questo fatto, piuttosto una
lacerazione della libertà nella democrazia ed è grave che un Capo dello Stato
abbia accettato ciò perché è la dimostrazione che questa Repubblica ha spezzato
il filo metafisico tra il concetto di libertà, di democrazia e di volontà
popolare degli elettori.
La
posizione non definita chiaramente e realmente del Capo dello Stato non solo è
incomprensibile in uno Stato di Diritto, ma diventa ideologica in uno Stato che
applica una Ragione Nolente. Ma con questo atto non siamo, comunque, al colpo
di Stato.
Il
colpo di Stato, invece, è avvenuto nel momento in cui si è dato spazio
all’unione tra eredi del comunismo e dell’attuale prassi marxista e cattolici
insieme con liberali, conservatori, tradizionalisti ex radicali e socialisti
riformisti. Lì si è consumata una rottura tra il corpo elettorale e la volontà
popolare e il concetto di democrazia nella libertà (questa volta).
Un
Capo dello Stato coerente con la manifestazione dell’elettorato non avrebbe
dovuto dare vita ad un Governo che viene definito “di scopo”, che non significa
nulla ma soltanto il banalismo recitato in politica.
Un
Colpo di Stato, ho avuto modo di spiegarlo in altre occasioni, non avviene
soltanto manu militare. Avviene, tra l’altro, anche quando non si rispetta il
diritto del cittadino, ovvero della cittadinanza democratica. Questa
cittadinanza, che ha espresso un voto e, quindi, ha manifestato una posizione
politica, di idee, di società, non ha contato e non è stato rispettato, in
quanto posizioni divergenti sono diventati omologanti e convergenti.
Cosa
è tutto ciò? Un Colpo di Stato sulle idee espresse da una cittadinanza in
bilico tra democrazia e libertà.
Non
è forse la vittoria della Ragione Nolente? Le maggioranze subiscono tale
Ragione. A non subirla sono le minoranze, le quali guardano alla Ragione
Volente di una politica che sia espressione di una ontologia del pensiero. La
Ragione Nolente ha preso il sopravvento anche sul diritto nel rispettare o meno
i valori del processo costituzionale alle identità politiche. In tale Ragione
il colpo di Stato è praticamente ghigliottinare il pensiero della cittadinanza
democratica che ha espresso posizioni elettorali e politiche divergenti.
Non
si può prescindere dal fatto che bisogna ridiscutere il concetto di Stato di
Diritto. Ormai dovremmo essere all’epilogo.
La
politica in Italia ha subito un suicidio sia istituzionale che metafisico.
Siamo all’agonia. Il Governo Letta, simbolicamente e non solo, è un
rimescolamento di macerie che testimoniano la debolezza di una politica che ha
ridotto in cenere ogni idea. E qui la volontà della Ragione delle minoranze
dovrebbe indignarsi.
Io
sono non rabbioso ma indignato tra le ombre giordaniane e i nodi gordoniani.
La
volontà della Ragione, che non è né la ragione pura né quella pratica, deve
essere la terza strada tra la Ragione Nolente e quella Volente. È un cammino
difficile ma bisogna almeno avere la speranza di intravederlo.
Cosa
è, dunque, un colpo di Stato? Soprattutto il non rispettare la cittadinanza
democratica che ha espresso, nella libertà e nella visione di opinioni
contrastanti, delle idee attraverso un voto e un pensiero politico.