Pio Rasulo
Il poeta oltre le
Accademie e nel quotidiano gioco delle parti
di Pierfranco Bruni
Oggi
14 febbraio, l’Associazione culturale “Presenza Lucana” di Taranto, conferirà
il Premio alla carriera al poeta e accademico dell’Università del Salento, Pio
Rasulo. Una vita spesa per la ricerca e l’università.
Il
docente universitario, il pedagogista, lo scrittore di testi sull’estetica, il
critico letterario e il conoscitore attento dell’arte e della sociologia della
comunicazione. Un intellettuale tra vita, i linguaggi e le storie. Pio Rasulo.
Ma io voglio sottolineare l’importanza del poeta, della sua poesia, del mistero
che incanta il tracciato di esistenze.
Nel
mio libro dedicato a Pio Rasulo, maestro di estetica, pubblicato nel 2001 dal
titolo “Pio Rasulo. Cinquant’anni tra didattica e ricerca” (IMI) ho percorso il
suo viaggio tra la pedagogia delle lingue e la testimonianza
dell’intellettuale, soffermandomi su tutti i suoi testi. Qui voglio solo
parlare di poesia cesellando una chiosa di Corrado Alvaro.
Alvaro
nel 1953, analizzando proprio la poesia di Pio Rasulo ebbe a dire che si
trattava di una "Poesia fluente, senza indugi, sostenuta da un linguaggio
aderente al nostro tempo, fatto di ansie e di avanguardismo". Una poesia,
in fondo, che libera sensazioni e immagini sul palcoscenico della vita. E la
vita è sempre dentro la poesia.
Il sentimento del paesaggio non è soltanto un luogo geografico. E' chiaramente
un luogo ma che raccoglie gli echi di una memoria che custodisce i silenzi
ovattati del tempo. Una poesia dunque fatta di luoghi e di tempo. Voglio qui
citare alcune raccolte del viaggio poetico di Rasulo. Si pensi al poeta Rasulo
di “Acqua passata” (1961). Tutta la poesia di Rasulo, sino ai versi
recenti e agli inediti, è intrecciata allo scorrere dei sogni nel sogno
depositato della memoria.
La sua terra, le radici, l'appartenenza, il viaggio e gli amori costituiscono
un progetto non solo di poetica ma soprattutto di vita. In questo progetto il
ricordare è d'obbligo se si vuole costruire il gioco del futuro. Metafore che
sprigionano scenari e atmosfere: "Paese mio, cespuglio di case,/tu sei
caduto in ombra/prima del tramonto/con le tue ciminiere aperte al vento".
"Anche la piazza è povera di sole/a uomini sconfitti/privi di
parole…".
Rasulo indubbiamente si inserisce in quella linea poetica in cui il mito del
ritorno e della ricordanza assume valenze letterarie forti che danno un senso
al contenuto e alla parola stessa. In questi termini lo ha contestualizzato
Francesco Grisi. Una linea che annota poeti come Scotellaro, Sinisgalli,
Bodini, Pierro, Alvaro stesso, una certa poesia di Quasimodo. Insomma Rasulo è
un poeta che raccorda nella consapevolezza del tempo il disegno mitico della
nostalgia.
Ha scritto Maria Brandoni Albini sul numero 143 del gennaio 1958 della rivista
"Les Temps Moderns" quando ha sottolineato riferendosi chiaramente a
Rasulo che "la sua arte porta l'impronta di una cultura avanzata e d'avanguardia,
e quella, non meno valida della sua terra".
Una
tradizione di gesti arcaici nei quali si recupera quel senso delle origini che
ha voci greche. C'è una sottile venatura ellenica che sventola bisogno di
memoria. In una poesia dal titolo: "Sulle colonne d'un tempio" si
ascolta: "Ecco, già inclinan le ombre/sui miseri ruderi,/su poche colonne
d'un tempio,/d'onde nel tempo/si levaron preci/e di vergini voti.//Ora nessuno
più rompe/il silenzio dei morti".
La grecità di Rasulo non è solo nell'appartenenza ad una terra e ad un modello
di cultura. E' soprattutto nella ricerca della fissazione di un tempo che si
trasforma nella cadenzata amicizia della nostalgia. Una nostalgia che non è
dovuta alle cose che non ci sono più o ai giorni lontani ma ad una condizione
dell'esistenza.
L'isola che custodisce i paesi, la madre, il padre, la giovinezza, il trascorso
che continua ad esistere in noi, tra le venature delle rughe, nei capelli che
conoscono la verità del tempo e il tempo che si fa andata e ritorno nel cerchio
magico del viaggio.
La speranza nella poesia di Rasulo proviene dal senso della consapevolezza del
dolore che non muta e non scompare. Molto belli questi versi della poesia
"I nostri giorni": "Non perdiamo le ore del meriggio/nel tedio
rievocar dei nostri amori,/nel ritornello amaro della vita,/chè il disperato
nulla ci consuma.//A notte parleremo di domani,/quando verrà sul tetto la
civetta/a lamentar con noi vane attese".
Leggera come un sogno che scompare ma straziante come il sogno che è scomparso.
Un poeta che ha assorbito la tensione del sentimento del viaggio e ha vissuto
il senso della mancanza. La poesia non è consolatrice. È piuttosto rivelatrice
sino alla silloge “Asfodeli” completamente dedicata alla prematura morte
tragica del nipote.