HOME D.E. GUEST BOOK SPORT ISCRIVITI DELFINARIO LINKS COOKIE POLICY


•   Taranto, tutto pronto per la Festa di Sant'Antonio 2019
•   “Storia e Architettura”
“San Pietro: l’altra Basilica”.

•   Attenti a quei due: confronto diretto tra Mare e Terra in una sfida tra grandi chef
•   “Percorsi educativi per una società interculturale”
•   MAGNA GRECIA AWARDS 2019


•   MANDURIA (TA): La Coldiretti nella gestione del Parco dei Messapi
•   RICONOSCIMENTO NAZIONALE PER IL PIZZAIOLO TARANTINO PROFESSIONISTA MICHELE DI BARI
•   PULSANO: IL COMUNE FA COPRIRE TUTTE LE BUCHE SU VIA TARANTO



•   Riesame AIA ex Ilva: le valutazioni e richieste di Legambiente
•   Il Dossier Taranto di Legambiente sull’ex Ilva
•   GRETA CHIAMA TARANTO


•  U Tarde nuestre -
rassegna quotidiana

•  Basket
•  Atletica
•  Delfini Erranti Touch Rugby Taranto
•  Altri


Notizie
Ricorrenze
Raccolta Foto


Google
Web DelfiniErranti.Org



stampa l'articolo
La politica come interpretazione della cultura
in un Novecento della sintesi

mercoledì 19 febbraio 2014

di Pierfranco Bruni




 

 

 

C’è un legame, in politica come nella vita, tra vendetta e necessità di tollerare che tocca il “bisogno” di agire, come manifestazione di sopravvivenza, e la capacità della saggezza a farsi virtù. Un rapporto, quello tra saggezza e virtù, ben definito da una visione che si focalizza nel concetto di metafisica. Ovvero tra il valore di una filosofia (in politica in questo caso), che è altro rispetto ai cortocircuiti della teologia, e l’impostazione storico – spiritualista dei fatti e dei valori.

È chiaro che la politica si muove intorno ai “Fatti” e ai “Valori”. I quali, a volte, sono ben definiti e altre volte sono da ricreare e da ricontestualizzare rispetto al tempo in cui si esercita la manifestazione dell’agire. Il Novecento non è un secolo definito o definitivo rispetto ad altre epoche. È piuttosto un secolo che raccoglie le sintesi della modernità, dell’attualità e della contemporaneità.

Spesso si giunge ad un Novecento, tra sintesi e prospettiva, portando come testimone a – priori la figura e l’opera di Dante Alighieri. È una chiave di lettura che ha campeggiato nelle diversità del pensiero e continua a percorrere sia il cosiddetto pensiero “debole” che il pensiero “forte”.

Nel Novecento Dante ha, certamente, una sua estremizzazione, ma anche un suo epilogo, perché c’è una teologia che ha permeato sia la cultura che la politica. Ma Dante, il destino ha sempre una sua doppiezza, si interrompe nel momento in cui entra sulla scena un Manzoni che cerca di applicare la “morale” ad ogni atteggiamento della vita.

Si passa da una tesi di teologia della politica e della cultura, con Dante, ad una dimensione della morale. Ma al centro c’è sempre una questione che riguarda l’impatto con la religione. Da questo punto di vista è molto più moderno Dante che Manzoni. Il conflitto tra Guelfi e Ghibellini è l’inizio di Machiavelli, che si apre non ad una politica nuova, ma ad un’età nuova della politica. Con Dante e l’investitura della cultura, come esercizio della teologia, si giunge sino alla stagione illuminista.

Il Settecento si arrovella, ideologicamente, intorno al concetto di rivoluzione perché ancora porta dentro il proprio tessuto filosofico la conservazione ereditata dal Barocco che recupera le radici di Federico e di Poliziano, archiviando immediatamente il Rinascimento che cercherà di intagliarsi tra gli spigoli del Novecento. Non si tratta di una questione di forme o di culture acquisite e non elaborate. Ma di idee.

Il Novecento è realmente il secolo delle idee della sintesi. Dante, dunque, interrompe la sua cavalcata davanti a Manzoni, perché è Manzoni che applica, rovesciandola, la tesi di Dante tra teologia e cultura e tra teologia e politica attraverso uno specchio capovolto che è quello tra don Rodrigo, quindi i Bravi, e l’ubbidienza ipocrita di don Abbondio. L’Ottocento non è il secolo del coraggio, ma nell’Ottocento si creano le idee della restaurazione che vengono, comunque, sconfitte e mandate in soffitta dalle motivazioni politiche rivoluzionarie che arriveranno con la Prima Guerra Mondiale.

Dante non è stato soltanto un poeta, ma un portatore di idee. Manzoni non è stato soltanto uno scrittore dedito alle lettere. Sono due riferimenti nella contrapposizione di un pensiero politico che ha filtrato dei modelli culturali. Ma entrambi muoiono proprio nel momento in cui una classe di intellettuali percepisce il valore della cultura come valenza politica. Penso a Pascoli, a D’Annunzio, a Marinetti, ma anche all’equivoco Carducci. Nel momento in cui la cultura diventa cultura interventista, oltre la teologia e oltre la morale, si supera anche il concetto di vendetta, in quanto nella necessità della tolleranza subentra il bisogno di comprendere i tempi nella storia, che si vive grazie alla virtù che si apre alla ragione e alla saggezza che contratta con la consapevolezza – comprensione.

Gli Stati si realizzano legando la vendetta alla tolleranza e una Nazione si definisce superando sia l’una che l’altra. Il Novecento ha ben depositato, oltre il pensiero della ragione, sia la teologia che la morale ed ha posto in essere la virtù e la saggezza.

Il Novecento è, forse, il secolo più vicino a Machiavelli di tutti i precedenti. Ha posto in un intreccio la filosofia con la politica. Anche durante il Fascismo filosofia e politica sono stati alla base di una visione culturale ed esistenziale della persona nella centralità di un umanesimo nuovo.

In fondo il Novecento non ha fatto altro che rincorrere la necessità e il bisogno di recuperare un umanesimo sia della persona sia della Nazione. La vendetta come concetto a – priori non può instillarsi né nella virtù né nella saggezza e tanto meno può fare da apripista alla ragione. È naturale che la sconfitta della virtù è anche la caduta di una politica con dei radicamenti culturali.

Il Novecento, essendo il secolo della sintesi (quindi non andrebbe definito né un secolo breve né lungo e tanto meno di transizione), resta, in parte, tuttora aperto a Dante, nel dialogo tra politica e cultura, ma lascia completamente nel dormitorio Manzoni. È possibile una triangolarizzazione tra Dante, D’Annunzio e la modernità. È impossibile chiarire, anche nei luoghi dell’esistenza metafisica, un rapporto tra Manzoni D’Annunzio e l’attualità.

Il Novecento, che inizia con l’antefatto della guerra di Libia e si focalizza nell’interventismo collaborante tra politica e cultura, pur nella sua sintesi, recupera la morte di Dante ma abbandona Manzoni. Qui entra in gioco Machiavelli.

Credo che Machiavelli resta la chiave interpretativa in una pagina  che ha posto, in modo dialogante, l’uomo come soggetto politico, nella sua esistenzialità, e la filosofia come principio di un umanesimo anche della storia oltre la sfida della vendetta. Ma tra politica e cultura la voce accordante è nella giusta causa della comprensione della virtù.

 




Segnala questa pagina
mappa del sito

Per un tuo commento scrivi sul Guest Book del Delfini Erranti


home   cookie policy guest book   sport   cultura   società   ambiente   delfinario   blunote