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L’Italia e la cultura nazionale nel tempo della crisi: Maria Zambrano.
La filosofia e la storia

giovedì 22 gennaio 2015

da csrbruni@alice.it





 

 

Cavallo: “Zambrano, una filosofa e una donna nella contemporanea inquietudine” 

di Marilena  Cavallo

 

 

Le amicizie, gli incontri, i rapporti che Maria Zambrano intrattiene e stabilisce con gli scrittori, i poeti, gli intellettuali italiani testimoniano il segno di un percorso, in cui scelte e motivazioni letterarie e filosofiche definiscono chiaramente un mosaico culturale e umano, che è parte integrante della sua biografia e della sua esistenza in un dialogo costante tra filosofia, poesia e vita.

Un viaggio esistenziale, quello della Zambrano, nell’inquieto trasporto di eredità, di fughe, di incontri, di partecipazione alla vita culturale. città, luoghi, isole e costanti incontri. Forse una scrittrice tra i pellegrinaggi della conoscenza e dentro le parole che raccontano la vita nella filosofia del tempo e nel sogno che è misterioso cammino.

Dalla Spagna al Cile, dal ritorno a Barcellona alla fuga lontano dalla dittatura franchista verso Parigi e da qui in Messico. Città e università: luoghi di una testimonianza emblematica. Dal Messico a Cuba a Puerto Rico e di nuovo in Francia dove incontra e stringe rapporti con intellettuali come Sartre, Camus Char fino a riprendere il viaggio per Cuba e poi l’Italia. Soltanto nel 1984, il 20 di novembre,  fa rientro in Spagna. Dopo quarantacinque anni di esilio. In Italia stabilisce amicizie che sono dentro la storia della sua vita e del suo intrecciare filosofia, poesia ed esistenza.

Da Cristina Campo (Bologna, 29 aprile 1923 – Roma, 11 gennaio 1977), di cui è stato pubblicato un carteggio dal titolo: “Se tu fossi qui. Lettere a Maria Zambrano 1961 – 1975”, Archinto, 2009, ad Elena Croce (Napoli, 3 febbraio 1915Roma, 1994)  che ha introdotto la Zambrano negli ambienti culturali e giornalistici di Roma e non solo, da Elemire Zolla (Torino, 9 luglio 1926 – Montepulciano, 29 maggio 2002), il cui contatto con la tradizione religiosa e mitico – simbolica ha costituito una finestra aperta sul pensiero occidentale che si apre alle interpretazioni dell’Oriente attraverso la mistica dei sufi sino ad Elsa Morante e  Alberto Moravia con il quale però ha interrotto subito i rapporti.

In Italia, comunque, la Zambrano ha trovato un tessuto chiaramente favorevole e molto vicino alle eredità letterarie spagnole a cominciare da Rafael Alberti. Soprattutto Roma e la temperie letterarie e poetica soprattutto romana aveva un rimando preciso alle visione andaluse di un poesia che ha richiama lorchiani e soffusamente becheriani.

Due autori sui quali la Zambrano dedicherà delle interessanti pagine, accanto a quelle come in cui parla di Unamuno, Ortega y Gasset e Don Chisciotte. Molti di questi testi sono raccolti proprio tra gli Scritti italiani che sono stati pubblicati in volume con il titolo “Per abitare l’esilio. Scritti italiani”, 2006, Le lettere, a cura di Francisco José Martìn, con scritti in Appendice di Raoul Maria De Angelis, Enrique de Rivas, Elena Croce (Francisco José Martin ha pubblicato anche “Gli anni di Roma di Maria zambrano, con l’Istituto Cervantes di Madrid , edizione 2006). I contributi editi nel volume citato  risalgono alla sua presenza a Roma tra il 1953 e il 1964 la Zambrano giunse a Roma nel giugno del 1953. Ma a Roma e in Italia era stata già nel 1949 in un viaggio che la porterà anche a Venezia e a Firenze insieme all’amica Josefina Taraffa. A Roma si fermerà per circa un anno.

Ha una frequentazione con uno studio dedicato all’estetica di Benedetto Croce e va ad approfondire alcuni aspetti sia filosofici che teoretici in termini strettamente letterari.

Struggenti sono le pagine che offre come riflessione a Cristina Campo. Un capitolo dei suoi Scritti italiani è interamente dedicato alla Campo ed ha per titolo “La fiamma”.

Il passaggio in Italia e specificatamente a Roma, la sua presenza con la sorella Araceli (alla sorella Elsa Morante dedicherà il suo romanzo dal titolo “Aracoeli”), nella capitale costituirà una tappa importante tanto da segnare anche lo sviluppo dei suoi studi. Maria e Araceli Zambrano abitarono in un appartamento a Piazza del Popolo proprio sul Caffè Rosati.

Ma le abitazioni e i quartieri romani delle sorelle Zambrano mutarono più volte. Dal Lungotevere Flaminio a via delle Mercede. La Zambrano giunse a Roma proveniente dall’Avana, e precisamente da Cuba.  Gli anni che vanno dal 1953 al 1964 vedono uno sviluppo problematico alla sua filosofia proprio nella elaborazione di questi testi che pongono al centro il concetto di divino.

Al 1955 risale, infatti, El ombre y lo divino. Scrive sulla rivista “Botteghe Oscure” diretta da Margherita Caetani e da Elena Croce, dove dirige la sezione di letteratura spagnola. Lavora costantemente ad un progetto filosofico avente come riferimento metodologico la ricerca su filosofia e cristianesimo e sul rapporto tra i sogni e il tempo.

Su questo argomentare pubblicherà, tra l’altro, “Los suenos y el tiempo”. Altri lavori che la impegnano proprio in questa stagione romana sono i saggi “Persona y Democracia” e l’importante percorso tracciato in “Tumba de Antìgona”. Si troverà a contatto con gli ambienti della cultura spagnola e con gli intellettuali che hanno lasciano la Spagna franchista.

Ma Roma diventò per la Zambrano il luogo in cui l’esilio venne abitato con il coraggio delle scelte e con la sfida delle idee. Singolare resta il suo rapporto con Cristina Campo. Il suo scritto dedicato alla Campo apparve per la prima volta in “Conoscenza Religiosa”, n. 4 del 1977 con la traduzione dell’amico comune Elemire Zolla e successivamente nel 1986 nel volume madrileno “De la aurora”.

Sono delle pagine scritte, appunto, in memoria dell’amica Vittoria – Cristina (Vittoria perché il suo vero nome era Vittoria Guerrini), nelle quali, aggomitolati intorno ad una splendida matassa poetica e lirica, fanno esplodere il sentiero dei sentimenti che approda ad una “fiamma – specchio”: “Perdersi senza rimanerne prigioniero, rischio che si corre entrando in ogni cavità. E non è cavità, grotta, la fiamma e perciò è guida al vero amore” (in “Per abitare l’esilio. Scritti italiani”).

Dopo Roma la Zambrano va a Ginevra. Ritornerà a Roma per un brevissimo periodo, dopo la morte della sorella, nel febbraio del 1972. Roma, comunque, la accoglie con entusiasmo.

Oltre ai nomi citati e alle amicizie sottolineate c’è una testimonianza che ha un suo valore critico non indifferente che viene pubblicata sul n. 4 de “La Fiera Letteraria” del 24 gennaio del 1954 in un articolo intitolato: “Destino nomade di Maria Zambrano” firmata dallo scrittore Raoul Maria De Angelis.

De Angelis annota sulle colonne della rivista ,diretta in quel periodo da Vincenzo Cardarelli e Diego Fabbri, che “Maria Zambrano ha il destino nomade: ora è a Roma reduce dall’Havana. Lei si dice felice di essere tornata in Italia, e a Roma sente di aver ritrovato antiche radici, poiché non esclude di avere lontane origini italiane: a badare al cognome, Zambrano non molto diffuso in Spagna. Forse ci lascerà presto per Parigi o per New York, chissà mai./ Anche per questo, non vogliamo frapporre alcun indugio, per presentarla ai nostri lettori, con uno dei suoi saggi più limpidi di informazione filosofica./Il suo linguaggio testimonia a sufficienza una chiarezza di idee a cui non siamo, da tempo, abituati”.

De Angelis,  nato a Terranova da Sibari il 4 maggio 1908  e morto a Roma il  5 marzo 1990,  non è soltanto un attento giornalista letterario è soprattutto uno straordinario scrittore e pittore e proprio in quell’anno, nel 1954, aveva pubblicato “Apparizioni del Sud,con la casa editrice S.E.I., e “Storia di uno sconosciuto” da Vallecchi ma i suoi primi romanzi risalgono alla fine degli anni venti.

De Angelis ci presenta la Zambrano con una chiave di lettura, soltanto con poche battute, esemplare: “I suoi libri, pubblicati in spagnolo nell’America del Sud, non sono di facile lettura e richiederebbero un’attenta esegesi” (da “La Fiera Letteraria”, cit.). La propone al lettore italiano in un contesto, quello della metà degli anni Cinquanta, di frequente contraddizioni culturali.

La Zambrano sarà presente nel dibattito italiano e romano. Elena Croce avrà modo di affermare: “In quegli anni, infatti, a Roma si poteva avere occasione di incontrare, accanto a quasi tutti, i nuovi scrittori che avrebbero occupato la scena del successivo decennio, molti ancora dei grandi uomini di lettere, in cui si incarnava la più alta tradizione del 900.

Venivano, quasi tutti, a ritrovare in Italia parte essenziale di sé e del loro mondo spirituale” (“Spagnoli nostri a Roma” in “Per abitare l’esilio. Scritti italiani”).

In questo clima la Zambrano costruì il suo percorso di amicizie e lavorò costantemente a quel processo culturale ed esistenziale che ruotava intorno alla coerenze tematica dell’incontro tra ermeneutica filosofica e creazione onirica lungo la testimonianza e il pensiero di una tradizione che affonda le sue radici in un Romanticismo andalusi ano che parte da Becquer e attraversa la trasparenza lorchiana nel segno dei maestri che vanno da Machado ad Unamuno, dalla cultura greca alla metafisica di di San Giovanni della Croce.

Proprio in Italia trova quel raccordo tra il mondo Occidentale e un Mediterraneo che si spinge tra una Europa francese e richiami sud americani. Roma diventa così il centro di una frammentazione in cui la memoria si schiera con l’avvenire e non con il passato.

 




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