Cavallo:
“Zambrano, una filosofa e una donna nella contemporanea inquietudine”
di
Marilena Cavallo
Le amicizie,
gli incontri, i rapporti che Maria Zambrano intrattiene e stabilisce con gli
scrittori, i poeti, gli intellettuali italiani testimoniano il segno di un
percorso, in cui scelte e motivazioni letterarie e filosofiche definiscono
chiaramente un mosaico culturale e umano, che è parte integrante della sua
biografia e della sua esistenza in un dialogo costante tra filosofia, poesia e
vita.
Un
viaggio esistenziale, quello della Zambrano, nell’inquieto trasporto di
eredità, di fughe, di incontri, di partecipazione alla vita culturale. città,
luoghi, isole e costanti incontri. Forse una scrittrice tra i pellegrinaggi
della conoscenza e dentro le parole che raccontano la vita nella filosofia del
tempo e nel sogno che è misterioso cammino.
Dalla
Spagna al Cile, dal ritorno a Barcellona alla fuga lontano dalla dittatura
franchista verso Parigi e da qui in Messico. Città e università: luoghi di una
testimonianza emblematica. Dal Messico a Cuba a Puerto Rico e di nuovo in
Francia dove incontra e stringe rapporti con intellettuali come Sartre, Camus
Char fino a riprendere il viaggio per Cuba e poi l’Italia. Soltanto nel 1984,
il 20 di novembre, fa rientro in Spagna. Dopo quarantacinque anni di esilio.
In Italia stabilisce amicizie che sono dentro la storia della sua vita e del
suo intrecciare filosofia, poesia ed esistenza.
Da
Cristina Campo (Bologna, 29 aprile 1923 – Roma, 11 gennaio 1977), di cui è
stato pubblicato un carteggio dal titolo: “Se tu fossi qui. Lettere a Maria
Zambrano 1961 – 1975”, Archinto, 2009, ad Elena Croce (Napoli, 3 febbraio 1915 – Roma, 1994) che ha introdotto la Zambrano negli
ambienti culturali e giornalistici di Roma e non solo, da Elemire Zolla
(Torino, 9 luglio 1926 – Montepulciano, 29 maggio 2002), il cui contatto con la
tradizione religiosa e mitico – simbolica ha costituito una finestra aperta sul
pensiero occidentale che si apre alle interpretazioni dell’Oriente attraverso
la mistica dei sufi sino ad Elsa Morante e Alberto Moravia con il quale però
ha interrotto subito i rapporti.
In
Italia, comunque, la Zambrano ha trovato un tessuto chiaramente favorevole e
molto vicino alle eredità letterarie spagnole a cominciare da Rafael Alberti.
Soprattutto Roma e la temperie letterarie e poetica soprattutto romana aveva un
rimando preciso alle visione andaluse di un poesia che ha richiama lorchiani e
soffusamente becheriani.
Due
autori sui quali la Zambrano dedicherà delle interessanti pagine, accanto a
quelle come in cui parla di Unamuno, Ortega y Gasset e Don Chisciotte. Molti di
questi testi sono raccolti proprio tra gli Scritti italiani che sono stati
pubblicati in volume con il titolo “Per abitare l’esilio. Scritti italiani”,
2006, Le lettere, a cura di Francisco José Martìn, con scritti in Appendice di
Raoul Maria De Angelis, Enrique de Rivas, Elena Croce (Francisco José Martin ha
pubblicato anche “Gli anni di Roma di Maria zambrano, con l’Istituto Cervantes
di Madrid , edizione 2006). I contributi editi nel volume citato risalgono
alla sua presenza a Roma tra il 1953 e il 1964 la Zambrano giunse a Roma nel
giugno del 1953. Ma a Roma e in Italia era stata già nel 1949 in un viaggio che
la porterà anche a Venezia e a Firenze insieme all’amica Josefina Taraffa. A
Roma si fermerà per circa un anno.
Ha una
frequentazione con uno studio dedicato all’estetica di Benedetto Croce e va ad
approfondire alcuni aspetti sia filosofici che teoretici in termini
strettamente letterari.
Struggenti
sono le pagine che offre come riflessione a Cristina Campo. Un capitolo dei
suoi Scritti italiani è interamente dedicato alla Campo ed ha per titolo “La
fiamma”.
Il
passaggio in Italia e specificatamente a Roma, la sua presenza con la sorella
Araceli (alla sorella Elsa Morante dedicherà il suo romanzo dal titolo
“Aracoeli”), nella capitale costituirà una tappa importante tanto da segnare
anche lo sviluppo dei suoi studi. Maria e Araceli Zambrano abitarono in un
appartamento a Piazza del Popolo proprio sul Caffè Rosati.
Ma le
abitazioni e i quartieri romani delle sorelle Zambrano mutarono più volte. Dal
Lungotevere Flaminio a via delle Mercede. La Zambrano giunse a Roma proveniente
dall’Avana, e precisamente da Cuba. Gli anni che vanno dal 1953 al 1964 vedono
uno sviluppo problematico alla sua filosofia proprio nella elaborazione di
questi testi che pongono al centro il concetto di divino.
Al
1955 risale, infatti, El ombre y lo divino. Scrive sulla rivista
“Botteghe Oscure” diretta da Margherita Caetani e da Elena Croce, dove dirige
la sezione di letteratura spagnola. Lavora costantemente ad un progetto
filosofico avente come riferimento metodologico la ricerca su filosofia e
cristianesimo e sul rapporto tra i sogni e il tempo.
Su
questo argomentare pubblicherà, tra l’altro, “Los suenos y el tiempo”. Altri
lavori che la impegnano proprio in questa stagione romana sono i saggi “Persona
y Democracia” e l’importante percorso tracciato in “Tumba de Antìgona”. Si
troverà a contatto con gli ambienti della cultura spagnola e con gli intellettuali
che hanno lasciano la Spagna franchista.
Ma
Roma diventò per la Zambrano il luogo in cui l’esilio venne abitato con il
coraggio delle scelte e con la sfida delle idee. Singolare resta il suo
rapporto con Cristina Campo. Il suo scritto dedicato alla Campo apparve per la
prima volta in “Conoscenza Religiosa”, n. 4 del 1977 con la traduzione
dell’amico comune Elemire Zolla e successivamente nel 1986 nel volume madrileno
“De la aurora”.
Sono
delle pagine scritte, appunto, in memoria dell’amica Vittoria – Cristina
(Vittoria perché il suo vero nome era Vittoria Guerrini), nelle quali,
aggomitolati intorno ad una splendida matassa poetica e lirica, fanno esplodere
il sentiero dei sentimenti che approda ad una “fiamma – specchio”: “Perdersi
senza rimanerne prigioniero, rischio che si corre entrando in ogni cavità. E
non è cavità, grotta, la fiamma e perciò è guida al vero amore” (in “Per
abitare l’esilio. Scritti italiani”).
Dopo
Roma la Zambrano va a Ginevra. Ritornerà a Roma per un brevissimo periodo, dopo
la morte della sorella, nel febbraio del 1972. Roma, comunque, la accoglie con
entusiasmo.
Oltre
ai nomi citati e alle amicizie sottolineate c’è una testimonianza che ha un suo
valore critico non indifferente che viene pubblicata sul n. 4 de “La Fiera
Letteraria” del 24 gennaio del 1954 in un articolo intitolato: “Destino nomade
di Maria Zambrano” firmata dallo scrittore Raoul Maria De Angelis.
De
Angelis annota sulle colonne della rivista ,diretta in quel periodo da Vincenzo
Cardarelli e Diego Fabbri, che “Maria Zambrano ha il destino nomade: ora è a
Roma reduce dall’Havana. Lei si dice felice di essere tornata in Italia, e a
Roma sente di aver ritrovato antiche radici, poiché non esclude di avere
lontane origini italiane: a badare al cognome, Zambrano non molto diffuso in
Spagna. Forse ci lascerà presto per Parigi o per New York, chissà mai./ Anche
per questo, non vogliamo frapporre alcun indugio, per presentarla ai nostri
lettori, con uno dei suoi saggi più limpidi di informazione filosofica./Il suo
linguaggio testimonia a sufficienza una chiarezza di idee a cui non siamo, da
tempo, abituati”.
De
Angelis, nato a Terranova da Sibari il 4 maggio 1908 e morto a Roma il 5
marzo 1990, non è soltanto un attento giornalista letterario è soprattutto uno
straordinario scrittore e pittore e proprio in quell’anno, nel 1954, aveva
pubblicato “Apparizioni
del Sud”,con
la casa editrice S.E.I., e “Storia di uno sconosciuto” da Vallecchi ma i
suoi primi romanzi risalgono alla fine degli anni venti.
De
Angelis ci presenta la Zambrano con una chiave di lettura, soltanto con poche
battute, esemplare: “I suoi libri, pubblicati in spagnolo nell’America del Sud,
non sono di facile lettura e richiederebbero un’attenta esegesi” (da “La Fiera
Letteraria”, cit.). La propone al lettore italiano in un contesto, quello della
metà degli anni Cinquanta, di frequente contraddizioni culturali.
La
Zambrano sarà presente nel dibattito italiano e romano. Elena Croce avrà modo
di affermare: “In quegli anni, infatti, a Roma si poteva avere occasione di
incontrare, accanto a quasi tutti, i nuovi scrittori che avrebbero occupato la
scena del successivo decennio, molti ancora dei grandi uomini di lettere, in
cui si incarnava la più alta tradizione del 900.
Venivano,
quasi tutti, a ritrovare in Italia parte essenziale di sé e del loro mondo
spirituale” (“Spagnoli nostri a Roma” in “Per abitare l’esilio. Scritti
italiani”).
In
questo clima la Zambrano costruì il suo percorso di amicizie e lavorò
costantemente a quel processo culturale ed esistenziale che ruotava intorno
alla coerenze tematica dell’incontro tra ermeneutica filosofica e creazione
onirica lungo la testimonianza e il pensiero di una tradizione che affonda le
sue radici in un Romanticismo andalusi ano che parte da Becquer e attraversa la
trasparenza lorchiana nel segno dei maestri che vanno da Machado ad Unamuno,
dalla cultura greca alla metafisica di di San Giovanni della Croce.
Proprio
in Italia trova quel raccordo tra il mondo Occidentale e un Mediterraneo che si
spinge tra una Europa francese e richiami sud americani. Roma diventa così il
centro di una frammentazione in cui la memoria si schiera con l’avvenire e non
con il passato.