In
occasione dei 20 anni dall’apertura dell’archivio storico della Congregazione
per la Dottrina della Fede (ACDF) è stato indetto a Roma il Convegno
L’INQUISIZIONE ROMANA E I SUOI ARCHIVI, che si terrà a partire dal 15 fino al
17 maggio 2018 presso la BIBLIOTECA DEL SENATO DELLA REPUBBLICA, in Piazza
della Minerva, 3.
Pierfranco
Bruni (poeta, scrittore, saggista, direttore MIBACT) relazionerà in merito
all’INQUISIZIONE ROMANA NELLA FILMOGRAFIA, TRA CRITICA E SPETTACOLO ponendo
l’interessante quesito se la storia dell’Inquisizione nella filmografia
cinematografica sia più spettacolarizzazione che critica storica,
filmografia che ha comunque sempre dovuto fare i conti con una
letteratura che si incunea nei processi storici.
Nell’ottica
di un cinema che si serve di un immaginario per divenire spettacolo, molti
registi hanno affrontato il tema dell’Inquisizione cercando di attenersi alla
fonte letteraria o cercando di restituirne una personale interpretazione. È il
caso de “Il nome della rosa”, del 1986, in cui il regista Jean-Jacques Annaud
rende più agevoli le riflessioni teologico-filosofiche che contraddistinguono
la fonte letteraria, oltre ad apportare nuovi aspetti del tutto soggettivi come
la tragica fine destinata al crudele inquisitore Bernardo Gui.
La relazione di Pierfranco Bruni
effettua una interessante comparazione della rappresentazione cinematografica
relativa alle varie fasi dell’Inquisizione (medievale, spagnola, romana).
Nei film in cui viene rappresentata
l’Inquisizione medievale si tende a enfatizzare la religiosità nei suoi aspetti
di sacrilegio ed eresia. Una Chiesa più intransigente nella lotta contro le
eresie, che si avvale delle torture come strumento di verità ed espiazione dei
peccati, è quella che emerge invece dalla filmografia avente per protagonista
l’Inquisizione spagnola. Aspetto che si evidenzia in molti film tra cui “Il
pozzo e il pendolo” di Roger
Corman (1961) nel quale
l’Inquisizione appare come un fantasma che dal passato riporta le sue atrocità.
Qui la spettacolarizzazione della tortura non è tanto dovuta ad invenzione
cinematografica, quanto al desiderio di voler trasporre in immagini le
suggestioni create dal racconto di Edgar Allan Poe.
Il pensiero dell’uomo nell’ambito di
una visione filosofica, metafisica e scientifica, è l’aspetto che si impone
nelle pellicole cinematografiche in cui ad agire è l’Inquisizione romana.
Contributi dai quali emerge il ritratto di un periodo storico in cui i
difensori del pensiero libero, i cosiddetti “liberi pensatori”, in grado di
guardare oltre per un bene comune, furono fortemente osteggiati dalla Chiesa, e
dal suo organo inquisitorio, in quanto temuti. Il timore era che le loro menti
illuminate, e indipendenti da qualsiasi potere, potessero contagiare le
coscienze buie e soggiogate. Come avviene nel film di Giuliano Montaldo
“Giordano Bruno” del 1973 in cui la teologia vuole prendere il sopravvento
sulla filosofia. Gli inquisitori romani vengono mostrati come manipolatori
degli scritti del filosofo nolano al fine di “sopprimerne” il libero pensiero.
Questi
e altri i temi che verranno trattati da Pierfranco Bruni in veste di studioso e
di indagatore di verità in un contesto, come quello del cinema, in cui la
realtà diventa finzione e la finzione realtà.