Tarantopost incontra il
Maestro Sergio Betti

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a cura del Team Cultura
Personaggio schivo quanto geniale, Sergio Betti rappresenta per la chitarra classica, il principale punto di riferimento nel territorio jonico.
Docente presso l’ I.C. “Pirandello” di Taranto, il M° Betti è impegnato anche nella divulgazione del campo dei linguaggi non verbali.
Recentemente è stato tra i principali promotori del Concerto-Conferenza “Musica e coscienza scientifica – Meccanismi evocativi del linguaggio musicale – “ che si è svolto presso l’Ipogeo de Beaumont Bonelli Bellacicco e che ha avuto un nutritissimo numero di partecipanti.
Con Betti sicuramente il concetto di innovazione parte dalle origini, spesso inesplorate.
Del resto, sensibilità ed intelligenza fanno parte del patrimonio artistico del nostro chitarrista.
Buona lettura.



SERGIO A CHE ETÀ È STATO IL PRIMO APPROCCIO CON LA CHITARRA, E COME SI È EVOLUTO NEL CORSO DEGLI ANNI.
Avevo 9 anni, vivevo in Umbria dove la pratica musicale era una rilevante realtà.
Lì ho frequentato per tre anni una scuola privata ben radicata con il territorio che mi ha dato modo di apprendere le basi del linguaggio musicale e la tecnica della chitarra classica.
Successivamente ho “inseguito” la possibilità di continuare gli studi recandomi presso Maestri di altre scuole chitarristiche per poi approdare, una volta istituita la cattedra di chitarra presso i Conservatori, al “T. Schipa” di Lecce dove nel 1982 ho conseguito il Diploma.
QUANTO È STATA IMPORTANTE LA TUA ESPERIENZA IN BELGIO?
Molto, sia sul piano formativo che su quello professionale ed umano.
Era una Master Class Internazionale con chitarristi provenienti da tutte le parti del mondo e con lezioni tenute da tre diversi Maestri, tutti di fama internazionale: Jorge Cardoso, David Russel e Raphaela Smits.
Confrontarsi con tanti colleghi e con le tre diverse (a volte agli antipodi) concezioni chitarristiche e musicali dei Maestri rappresentò un bagno di variegate sensazioni: soddisfazioni, avvilimenti, gratificazioni, dubbi e certezze.
Tutte emozioni che comunque rimangono e rappresentano parte del bagaglio esperenziale a cui attingo ogni volta che devo in un qualche modo esprimermi.
HAI AVUTO LA POSSIBILITÀ DI GIRARE MEZZO MONDO. L’ITALIA COME SI PONE NELL’AMBITO DELLA TRADIZIONE CONCERTISTICA RISPETTO AGLI ALTRI PAESI?
Mezzo mondo mi sembra troppo.
Ho suonato sia in Italia che all’estero (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Cecoslovacchia, Ungheria e per l’Università Americana).
Non ritengo che possa esistere un’unica caratteristica della tradizione concertistica che differenzi l’Italia rispetto ad altre di diversi paesi: ogni luogo è lo specchio della condizione umana e quindi sociale di chi lo vive.
Comunque, se proprio vuoi che Ti dica qualcosa che differenzi la nostra tradizione concertistica da quelle di altri paesi, mi viene in mente il pubblico: si nota, almeno per la mia esperienza, una diversa motivazione al frequentare le sale da concerto.
NEL TERRITORIO JONICO RAPPRESENTI UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER MOLTI ALLIEVI. SERIETÀ E PROFESSIONALITÀ CONTINUANO A CONTRADDISTINGUERTI. IL SEGRETO È SEMPRE E SOLO NELLA SOLA PASSIONE PER LA MUSICA O C’È UNA GROSSA COMPONENTE UMANA?
Intanto grazie per questo complimento e, se così è, per questa responsabilità!
Il segreto? Non lo so!
Si nasce in un modo e così si vive, io credo.
La componente umana (altro grazie per il riconoscimento) ritengo sia prioritaria in qualsiasi forma di attività e di espressione.
L’insegnamento è una questione delicata.
Mi chiedo che senso ha “inoculare” nell’allievo delle qualità tecniche (quando e se ci sono) attraverso modalità relazionali che si reggono su rapporti del tipo dominio/subordinazione, di conflitto anziché di coesistenza?
Cosa si costruisce così?
Un esecutore di un x livello tecnico (nel migliore dei casi) e cittadino anaffettivo arruolato all’esercito della competizione permanente del tutti contro tutti?
Grazie, no!
Non nella mia classe.
QUALI SONO LE DOMANDE O LE INSICUREZZE CHE MOSTRANO SPESSO I TUOI ALLIEVI?
Innumerevoli e volte anche divertenti.
Dal “si può vivere suonando?” al “come si fa a fare quel tal brano come lo fai Tu?”.
Insicurezze poche (perdona l’immodestia) dato che io prediligo un approccio pedagogico/didattico di tipo costruzionista.
E’ POSSIBILE “SPERIMENTARE” CON LA CHITARRA CLASSICA?
Certo, perché no?
Tra l’altro mi pare lo abbiano fatto e lo facciano numerosi musicisti.
QUANTO IL LIUTO PUÒ AVER DATO ALLA CHITARRA? NEL RINASCIMENTO PRIMA E NEL BAROCCO SUCCESSIVAMENTE QUESTO STRUMENTO È STATO FONDAMENTALE.
Quanto?
Tanto quanto un trisnonno, un bisnonno, un nonno e un padre possano aver dato ad un qualunque figlio.
RECENTEMENTE PRESSO L’IPOGEO BEAUMONT BONELLI BELLACICCO, C’È STATA UNA INTERESSANTE INIZIATIVA SU “MUSICA E COSCIENZA SCIENTIFICA” DOVE SEI STATO IL VERO MATTATORE. VUOI PARLARCENE IN MANIERA APPROFONDITA?
Si!
E’ un tipo di attività che mi piace moltissimo, anzi, addirittura mi diverte.
Raccontare/svelare ai “non addetti ai lavori” alcuni dei meccanismi che stanno alla base della significazione musicale è un ottimo esercizio per la professione dell’insegnamento.
Mi permette di avere un rapporto più ravvicinato ed assolutamente non enfatico con il pubblico e, quindi, di realizzare quella dimensione di comunicativa della musica che io ritengo sia quella naturale.
CHITARRA VUOL DIRE ANCHE TRADIZIONE POPOLARE: BASTI PENSARE ALLA MUSICA DEL SUD CON LA SUA CHITARRA BATTENTE, ALLA CHITARRA PORTOGHESE FONDAMENTALE PER IL FADO, FINO AI PAESI ARABI CON IL TRADIZIONALE UD. SI PUÒ DUNQUE PARLARE DI “UNIVERSALITÀ CHITARRISTICA”?
Si, ma anche e soprattutto di “universalità della musica”.
Stiamo attenti che la chitarra, il sax, il violino, un flauto e quanti altri sono appunto “strumenti”.
Attrezzi, dispositivi che mediano la comunicazione.
Quel che conta è l’espressione.
NELLA TUA ATTIVITÀ DI DIVULGAZIONE DI NUOVI (O INESPLORATI?) LINGUAGGI QUAL È L’OBIETTIVO CHE TI PREFIGGI? TUTTO CENTRATO SULL’ATIPICITÀ SENSORIALE?
Lo hai detto Tu: divulgare, appunto.
Più che sulla “atipicità sensoriale” (come dici Tu) si tratta di indagare sulla capacità straordinaria del nostro cervello di desumere forme dal caos apparente: una qualche cosa che ha a che fare con la “cross correlazione”
COSA PREVEDE QUESTO 2006 NEI PROGETTI DI SERGIO BETTI?
Portare a termine gli impegni presi;
concludere un progetto compositivo e, possibilmente, rappresentarlo; realizzare una rilettura di musiche del patrimonio culturale tarantino in chiave parzialmente acusmatica; farmi una vacanza e quindi riprendere la consueta attività di insegnante e musicista.
(m.c. & s.l.)

(Nella foto Sergio Betti e il M° Biagio Putignano al Dipartimento di Musica e Nuove Tecnologie del Conservatorio "T. Schipa" di Lecce)


Le precedenti interviste di TARANTOPOST:

- Carla Vitantonio

- Daniele Di Maglie

- Amedeo "Deo Blues Harp" Zittano

- Odilia Liuzzi

- Ivano Fortuna

- Helèna Spina

- Yes Man

- Alessandra Luna

- Ettore Carucci

- Norberto Tamburrino

- Sisto Feroli

- Marcello Nisi

- Ka Bizzarro

- Anonima Folk

- Fido Guido

- Gianluca Rebuzzi

- Mimmo Gori

- Gianni Cellamare

- Stefania Carati

- Alessandro Guido

- Vama

- Dixien & Ma' Cherry



...e inoltre:

- Carmen D'Incecco (Associazione NoMedia)

- Gioia Granito (Educatrice cinofila ed autrice teatrale)

- Ezio Confessa (Atleta Dream Team Basket)

- Alessandro Marescotti (Associazione Peacelink)

- Enzo Risolvo (Presidente Ass. Taranto Centro Storico)



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