Il Giorno del Ringraziamento

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del Prof. Enrico Vetrò
Il trentacinquesimo giorno del mese di Pen, in ogni luogo abitato del pianeta Yolk – fosse stato anche un villaggio delle estreme propaggini della Grande Terra Emersa – creature intelligenti e sensibili facevano di tutto per celebrare in maniera superlativa una ricorrenza attesa con ansia tutto l’anno.
Non c’era, tuttavia, città alcuna come Nova Avis, in cui fosse più tangibile quell’atmosfera di intensa e calorosa partecipazione affettiva al Giorno del Ringraziamento.
Sin dalle prime ore dell’alba il traffico andava facendosi sempre più intenso. Aveva quasi del miracoloso il vedere come centinaia e centinaia di bisigari volanti si sfiorassero con straordinaria rapidità mentre solcavano silenziosi i cieli sopra la megalopoli. Li avviticchiava l’azzurrino intenso della luce di Vega , che già accarezzava le guglie delle slanciate strutture abitative. (Alcune grattavano il cielo a mille metri d’altezza!).
Scuole, banche, uffici pubblici e privati – tranne ipermercati e servizi di emergenza, per motivi facilmente intuibili - restavano rigorosamente chiusi tutto l’idd, il lungo giorno yolkiano, corrispondente all’incirca a trentadue ore terrestri. Le centrali dei maggiori quotidiani elettronici del paese - pur in assenza degli operatori dell’informazione – erano comunque in grado di gestire automaticamente ogni genere di notizia ed inviarla in tempo reale direttamente agli home computer dei cittadini.
A tale proposito, diamo un’occhiata a quanto riportato nell’occhiello e nel titolo di apertura de Il Bargiglio del Mattino, l’E-paper più letto su scala nazionale :

La politica delle 3P è più che mai valida ed attuale:
Pace, Prosperità, Progresso
2430-2630: bicentenario della Liberazione!

Immaginatevi a Nova venti milioni di Gobblers, pennuto più, pennuto meno, avere un’intera giornata a disposizione tutta per sé, potersi dedicare alla famiglia, alla rilassante realizzazione di squisite ricette di cucina, visitare le fiere e le mostre più disparate organizzate fuori porta, sulle decine di asteroidi gravitanti intorno a Yolk, assistere agli incontri di Savàth, il Ludo nazionale per eccellenza, fare shopping agli ipercentri commerciali della stupenda Piazza della Libertà, i più forniti sotto ogni aspetto. E le sfilate della Guardia Civica?! E le bande?! Dove le mettete?! Spettacolari, coinvolgenti, piene di carnascialesca vitalità! Non c’è che dire!
Non vi sembra che tutto questo costituisca un esempio meraviglioso di consolidamento dei valori affettivi, sociali e patriottici di un popolo?
Una ricorrenza del genere assumeva carattere di eccezionalità poiché il calendario yolkiano non prevedeva pause domenicali, per il semplice motivo che non esistevano le domeniche.
Si lavorava dieci ore di fila al giorno diciotto mesi l’anno. Solamente nell’ultimo mese – il Sittaq – le autorità locali, per ordine del Dromuk, il Direttivo del Sistema, consentivano a ciascun lavoratore di stare vicino alle proprie consorti durante l’intera fase della cova, sia in attrezzate strutture sanitarie, sia nella accogliente intimità delle abitazioni, la cui comune caratteristica era quella di possedere pareti in plexiglon .
Vi chiederete: d’accordo, i Gobblers adulti lavoravano dieci ore al dì. Ma come trascorrevano le after hours ?
Soddisfo immediatamente la vostra legittima curiosità col dirvi che, dopo un ragionevole intervallo di quattro ore consumate fra le pareti domestiche, essi andavano a frequentare, con considerevole profitto, bisogna ammettere, un corso permanente di volo intergalattico, durante il quale potenziavano la già eccezionale perizia alla guida di velivoli della classe FX-9 e FX-10.
Pilotare quindi un biposto o quadriposto personale ad energia fotonica, a tremilacinquecento piedi dal suolo, era per buona parte di loro davvero una fumata di … sigaro!
Una fetta rilevante dell’economia Gobbleriana ruotava intorno all’allevamento degli Usàni. Un Gobbler su otto era un abile allevatore di questi strani animali che ormai mantenevano ben poco delle caratteristiche fisiche dell’Homo Tecnologicus sul pianeta Terra, prima della catastrofe mutagena degli anni ’80, partorita dalle conseguenze di un apocalittico conflitto termoneutronico.
Un’accozzaglia di suoni metallici aritmici, molto vicini a lamenti provocati da uno stato di dolore, era tutto ciò che un Usàno riusciva ad esternare con il suo organo fonatorio.
Occhi, naso e bocca – ridotti a semplici forami del diametro di qualche centimetro – definivano un viso dal colore marcatamente olivastro. La totale assenza di capigliatura sul cranio, poi, metteva ancora di più in risalto l’ampiezza esagerata dei padiglioni auricolari.
Gli esili arti superiori, terminanti ciascuno con un organo prensile composto da tre robuste dita, si attaccavano ad un tronco deformato da gibbosità adipose. Il tutto, infine, poggiava su tozzi arti inferiori dal pronunciato tono muscolare.
L’antica aggressività, ossia il movente naturale che aveva determinato la definitiva rovina della specie umana cui essi appartenevano e, per giunta, dell’intero habitat terrestre, quella sì, la conservavano! Assolutamente immutata!
L’allevamento intensivo degli umani si era sviluppato qualche anno dopo la Grande Migrazione, la fase conclusiva del processo di Liberazione del Popolo dal bargiglio rosso .
Tutto era stato così repentino, e così inaspettato ... In solo cento anni terrestri i Gobblers avevano preso coscienza del proprio io, della propria abnorme intelligenza – un donativo della natura stravolta dalle radiazioni – avevano assimilato gli strati più profondi delle conoscenze ed esperienze dell’Homo Sapiens-Sapiens, quelle accumulate in migliaia e migliaia di anni di predonerie e distruzioni perpetrate a scapito di innumerevoli ecosistemi e delle altre creature viventi, all’insegna del più ottuso tornaconto personale. Erano giunti quindi a padroneggiare la guida dei velivoli interstellari umani che avevano consentito alle pennute creature di colonizzare uno stupendo pianeta appartenente ad un altro Sole. Il senso di gratitudine nei confronti degli esseri umani forgiatosi alla fiamma dell’autocosapevolezza aveva fatto maturare in loro una decisione risolutoria apparentemente assurda. Prima del grande salto nell’infinità dell’universo avevano “prelevato” un migliaio di coppie di esemplari terrestri da una vasta area abitata che gli umani chiamavano U.S.A., imbarcandole a bordo delle capaci unità galattiche.
Sicché i loro discendenti, ora, vivevano chiusi in mega contenitori sterilizzati dotati di sezioni di permanenza indipendenti – abbastanza confortevoli, a dire il vero – per renderne più celere e sicura la crescita ed evitare in talmodo l’insorgenza di antieconomiche epidemie. Naturalmente l’aerazione degli ambienti, l’alimentazione e tutte le fasi della riproduzione venivano gestite da sofisticati sistemi computerizzati intelligenti.
Attraverso graduali manipolazioni chimico-genetiche, gli allevatori erano riusciti ad accelerare il processo di sviluppo fisico degli Usàni, a tal punto da renderli individui adulti ad appena cinquanta settimane terrestri dalla nascita.
Il rovescio della medaglia di tale miracolo scientifico era che la crescita cerebrale non andava di pari passo con quella fisica, tanto che gli Usàni restavano esseri molto limitati dal punto di vista intellettivo nel corso di tutta la loro esistenza.
Un difetto del genere, in ogni caso, era considerato del tutto ininfluente dai fattori, ai fini della rapida commercializzazione del prodotto.
I maschi adulti più fisicamente dotati - il 30% circa - erano immediatamente venduti, a prezzi decisamente sostenuti, agli Skidis, abili imprenditori che a fiuto erano in grado di riconoscere un Usàno promettente da uno brocco. Costoro, a loro volta, li affidavano agli Istruttori alle loro dipendenze. Nel volgere di tempi relativamente brevi, attraverso allenamenti a dir poco massacranti, a quelle bestiacce si insegnavano le tecniche più efficaci del Savath, il Grande Ludo, croce e delizia della totalità degli abitanti di Nova Avis e degli altri luoghi abitati del pianeta.
Gli spalti di un Ludosterio erano sempre gremiti all’inverosimile, il pomeriggio del Giorno del Ringraziamento. D’altronde, era sempre così anche nelle altre quattro esibizioni mensili, tutte regolarmente autorizzate dal Direttivo.
In tali circostanze l’azzardo soffiava sull’irrazionalità assopita, la faceva divampare, e da quel calore ogni scommettitore traeva esaltazione e piacere.
Così accadeva che per l’impulso irrefrenabile di una scommessa un Gobbler potesse vincere la proprietà del suo vicino interlocutore solamente perché:
- il più quotato dei due Usàni in combattimento aveva sopraffatto l’altro al primo colpo inferto con la punta delle tre poderose dita della mano, o, semplicemente, con una sola e ben assestata botta di calcagno;

- il bersaglio del colpo mortale era stato indovinato: primo squarcio al viso o all’addome o alle parti basse del soccombente;

- la sopraffazione fisica del contendente puntato aveva avuto luogo prima del limite, (tre riprese da due minuti ciascuna).

Pertanto era più che normale che al termine dei quindici combattimenti programmati numerosi scommettitori facessero ritorno a casa privi del loro veicolo ad energia fotonica o alleggeriti delle paghe di tre mesi di lavoro. Non di rado era accaduto che qualche campione d’incoscienza era stato persino capace di scommettere a cuor leggero un asteroide e poi perderlo con le annesse attività commerciali lì avviate!
Essere allevatori, dunque, significava soprattutto avere diritto a ricche percentuali sugli incassi degli incontri di Savath che si tenevano sulla Grande Terra Emersa, oltre che monopolizzare il commercio di quella parte consistente di Usàni non destinata allo svago nazionale.
Il pranzo del Giorno del Ringraziamento aveva luogo alla ventesima ora, quando ogni Gobbler era ritornato a casa, quasi sempre con un filo di voce, per le appassionanti ed entusiastiche manifestazioni di tifo ed incoraggiamento rivolte ai beniamini oggetto di scommesse. Intorno alla tavola imbandita di ogni ben della natura sedevano sino a venti convitati fra parenti ed amici. Ogni commensale occupava un posto rigorosamente assegnato dal padrone di casa in base a vincoli parentali. Così, a partire dalla sua destra, si disponevano il padre e la madre del capo famiglia, se ancora in vita, poi le sue mogli, i figli della prima e della seconda moglie in ordine di età, i fratelli, le sorelle, i cugini, gli amici, e così via.
Le portate servite nel corso del pasto erano tradizionalmente a base degli innumerevoli prodotti della generosa terra yolkiana.
Ma il piatto forte della ricorrenza era il succulento Stracotto di Usàno; molto speziato e imbottito di bacche e radici degli altipiani che circondavano la città. Il tutto accompagnato dal mostuk, una bevanda dolce e moderatamente alcolica, non molto dissimile dal vino terrestre di un tempo.
L’animale, a cui era sta tolta ogni parte non commestibile, era posto per intero in una casseruola molto capiente e veniva cotto al calore costante del Greedykeeper(pr.: Griidikiipar). Ogni famiglia ne aveva uno in casa. Bastava impartirgli dei semplici ordini vocali. Al resto ci pensava lui, che te lo serviva persino a tavola quando la pietanza era bella e pronta.
Prima che si desse inizio al banchetto ogni commensale, stando ritto sulle zampe, posava la propria ala destra sul capino di chi gli era accanto ed ascoltava in religioso silenzio il Limerick.
Di solito, era una piccola o un piccolo della compagnia a recitarlo con voce solenne. A scuola, ogni anno, si pretendeva che fossero gli alunni a comporlo per l’occasione. In tal modo si voleva che i giovanissimi fossero educati a non dimenticare, coltivando allo stesso tempo quel sentimento di profonda riconoscenza verso la razza umana, valore che essi stessi avrebbero a loro volta dovuto trasmettere alle generazioni successive.
Eccone uno dei tanti declamati in famiglia:

Grazie Usàno!
Se noi siamo quel che siamo
alla tua stoltezza lo dobbiamo!

E il danno che portò la TUA gente
ad imboccare la via del NIENTE

rese l’ingegno nostro forte e fiero
mentre il valor del TUO scese a zero

sì che da quel tempo ormai lontano
per sentieri felici camminiamo!

Un limerick del genere racchiudeva tutta l’essenza di un passato storico determinato unicamente dal Caso, il fondamentale elemento regolatore dell’Universo, capace di mutare con il suo irrazionale e cieco procedere la felice evoluzione di una razza a spese dell’involuzione di un’altra; di riversare gli infiniti rivoli dell’esistenza in mari altrettanto incommensurabili.
Dieci secoli addietro gli antenati degli Usàni avevano celebrato il loro primo Giorno del Ringraziamento, il Thanksgiving Day – sebbene per ragioni differenti - con uno stracotto di antenato di Gobbler, il Meleagris Gallopavo, più comunemente conosciuto con il nome di Tacchino! E così avevano fatto ogni anno terrestre, sino a quando quella barbara pratica non era stata interrotta dal Processo di Liberazione.
Adesso, per ironia della sorte, i degustati d’un tempo degustavano i loro ex degustatori!
Terminata la declamazione, i commensali festeggiavano il piccolo attore di turno con carezze e gloglottìi di gioia. Poi tornavano a sedere e, composti, attendevano che il capofamiglia aprisse il banchetto distribuendo loro un tocchettino di Stracotto direttamente con il suo becco, non prima di avere augurato a tutti cento di quei giorni felici.
Conoscono le buone maniere questi tacchini moderni! Voi che ne dite?!


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(gentilmente entro e non oltre il giorno 25 di ogni mese)