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di Fabio Principale
21/06/06 Nella nostra fabbrica (la INNSE Iniziative),l'ANPI ha chiesto alla rsu di poter far fare un'assemblea sul prossimo referendum sulla costituzione,al vice presidente provinciale dell''ANPI Antonio Pizzinato. la rsu intendendo prendere una sua posizione autonoma su questa questione ha fatto un comunicato che vi allego. cordiali saluti rsu INNSE Iniziative Costituzione: quali modifiche
 
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21/06/06
Costituzione

Costituzione: quali modifiche?

 

Per quale motivo gli operai Il 25 26 giugno 2006 dovrebbero esprimersi andando a votare al referendum che intende riformare la Costituzione Italiana?

Quali e quanti vantaggi ne ricaverebbero dall’esprimere un no od un si a questa riforma?

La riforma è stata voluta e varata dal centrodestra e chi ha votato per battere Berlusconi e soci, troverà naturale dire no alla loro riforma costituzionale. Ma occorre dire qualcosa sulla Costituzione in sé. La Costituzione italiana è stata varata nel 1948 come mediazione tra le forze sociali che avevano combattuto nella resistenza, le forze politiche che erano sopravvissute al fascismo ed elementi della borghesia che intendevano salvaguardare completamente la struttura capitalista.

Nella realtà i rappresentanti dei padroni, non fecero nessuna concessione nello scrivere la Costituzione, se non qualche formale riconoscimento per il lavoro in astratto, anche se i partiti che rappresentavano la classe operaia sostenevano che la nuova costituzione nata dalle ceneri del fascismo era una svolta democratica a favore delle classi oppresse. Dissero che conteneva in sé la possibilità di un miglioramento della condizione generale delle classi lavoratrici.

Niente di più sbagliato, la nuova costituzione del 1948 si è rivelata come una costituzione classica borghese, che sancisce il diritto allo sfruttamento degli operai, alla proprietà privata e a tutte le leggi che consentono l’accumulazione del capitale.

A distanza di quasi sessant’anni una frangia della borghesia e del padronato italiano ha deciso una modifica, per centralizzare di più il potere governativo e per decentralizzare la gestione di alcuni servizi sociali, dando più mano libera ai gruppi di borghesi locali. Il fatto grave è che si parla di modifiche da apportare dopo il referendum, coinvolgendo tutti e cioè facendo un accordo anche con il centrodestra. Le modifiche che verranno fuori non favoriranno sicuramente le classi più povere della società.

Noi chiediamo invece un impegno, se si vuol mettere mano alla costituzione, perché non iniziare dal diritto al lavoro, (art. 4 principi fondamentali) e rendere anticostituzionale la Legge Biagi ad esempio? Perché non iniziare col dare un contenuto al diritto ad una dignitosa condizione economica (art. 36 titolo 3° rapporti economici), rendendo fuorilegge i salari di fame oggi in vigore nell’industria?

Se Pizzinato volesse riportare queste nostre richieste ai difensori della Costituzione farebbe un gesto dalla parte degli operai e gli è ne saremo riconoscenti.

 

 

 

RSU Innse Iniziative 

19 giugno 2006

 

 

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14/06/06
Amianto: critica testo Casson-Malabarba

In questi giorni in molte fabbriche gli operai esposti sono chiamati a sostenere, sottoscrivendo una petizione popolare, una nuova proposta di legge sull’amianto, presentata dai parlamentari Casson e Malabarba. Il governo Berlusconi ha notevolmente peggiorato, con il D.L. n. 269 del 2003 la legislazione fino ad allora vigente per gli esposti all’amianto, cioè la famosa legge 257/92, che, per ammissione degli stessi Casson e Malabarba, è stata solo parzialmente attuata. In realtà la 257 poco ha dato agli operai esposti, basti pensare alle migliaia di contenziosi aperti. L’intervento del governo Berlusconi ha ulteriormente peggiorato la situazione 1) riducendo il coefficiente di moltiplicazione dei benefici pensionistici da 1,5 a 1,25; 2) limitando gli stessi benefici al solo importo delle prestazioni pensionistiche e non più anche alla anticipazione del diritto di accesso alla pensione; 3) stabilendo una scadenza perentoria, il 15 giugno 2005, per richiedere l’accesso ai benefici, pena la perdita di ogni diritto agli stessi. Rimettere mano alla questione degli esposti non può che partire dalla cancellazione di queste inique misure, ma questo non è certo l’intento di Casson e Malabarba. Invece di ripristinare la situazione precedente l’intervento del governo di centrodestra ed apportare le necessarie modifiche alla legge 257 a favore degli esposti (ad es. aumento della misura del risarcimento, eliminazione della barriera dei 10 anni di esposizione, nuove modalità di accertamento dell’esposizione finora in balia degli arbitri e delle prepotenze dell’Inail), la nuova proposta di legge accetta in sostanza l’impianto delle modifiche berlusconiane, proponendo solo delle parziali e insufficienti correzioni. Infatti, 1) La riduzione del coefficiente di moltiplicazione da 1,5 ad 1,25 viene confermata. Per 10 anni e un giorno di esposizione non si ha più un abbuono di 5 anni, ma solo di 2 anni e mezzo. Si aggiunge però la possibilità agli esposti per un periodo inferiore ai 10 anni di accedere ad una forma di risarcimento. Il nuovo testo di legge prevede infatti, anche un contentino per quelli che non hanno accumulato i dieci anni: 1,10 per i primi cinque anni, cioè sei mesi, e 1,15 per i secondi cinque anni, cioè nove mesi. Chi ha accumulato quindi, giusto dieci anni di esposizione, ha diritto a un beneficio di quindici mesi, una miseria. Con la rivalutazione del solo periodo di “esposizione” vengono a cadere per tutti, inoltre, i presupposti delle cause sulla “continuità”, cioè la possibilità di far valere il coefficiente moltiplicativo non solo per il periodo in cui si è stati esposti all’amianto, ma per tutto il periodo trascorso in fabbrica, possibilità finora confermata da moltissime sentenze favorevoli. 2) L’eliminazione del doppio effetto dei benefici, sia per la determinazione dell’importo della pensione che per l’anticipo all’accesso di questa, viene confermata, dando solo, rispetto alle modifiche di Berlusconi, la possibilità agli esposti di scegliere fra l’uno e l’altro tipo di beneficio. Ciò equivale, nei fatti a costringere tutti gli esposti ad accettare il mero incremento degli assegni pensionistici, come voleva Berlusconi, visto il livello delle nostre pensioni. 3) Si accetta di porre una scadenza per la richiesta dei riconoscimenti. Berlusconi l’aveva fissata al 15/06/04, il nuovo testo la posticipa al 31/12/06. Perché? Se un lavoratore conosce dopo anni quello che ha subito lavorando l’amianto, perché non può fare richiesta di riconoscimento? Quello che non trova risposta nella logica la trova nel denaro. Per salvaguardare le casse dello stato si impone la solita sanatoria che esclude di fatto migliaia di operai. L’aggiunta di non prevedere una scadenza per chi ancora lavora a contatto dell’amianto, perché impegnato nelle bonifiche, è una ovvietà che ci viene propinata come “grande misura” 4) Si accetta l’assurdità giuridica, imposta per legge da Berlusconi, che ad accertare l’esposizione sia l’Inail, cioè lo stesso ente coinvolto nell’esborso dei risarcimenti e che quindi ha tutto l’interesse a limitare i riconoscimenti. Si affianca però a questo anche le ASL, che finora a nulla sono servite nella prevenzione del rischio amianto, figuriamoci come potranno accertarlo! Intanto, non viene data nessuna indicazione su come accertare l’esposizione. I modi in cui è avvenuto l’accertamento sono stati, in passato, il maggiore ostacolo al riconoscimento dell’esposizione, per mancanza di documentazione da parte delle aziende coinvolte che, spesso, erano ormai chiuse. Come si deve provare l’esposizione? Questa è la domanda che interessa i lavoratori esposti. La mancanza di una proposta chiara non è un buon segno. Continuando nell’analisi critica della proposta di legge, bisogna dire che con l’art. 2, il nuovo testo di legge ripropone la costituzione di un “fondo per le vittime dell’amianto”. Lo fa con il solito modo filo padronale. I guai li hanno creati gli industriali, ma dovrebbero partecipare al fondo solo per un quarto, i restanti tre quarti ed oltre sarebbero a carico dello stato. Un bel modo di socializzare a costo zero le spese. Nessun discorso viene fatto sulla possibilità di rivalsa delle moltissime aziende, che non denunciando le lavorazioni di amianto hanno per decenni evaso il pagamento dei premi Inail. Si salvano le imprese anche sul danno biologico che in questi anni, ha fatto spendere loro un po’ di soldi, comunque pochi rispetto ai danni causati. Con il nuovo testo le imprese non pagherebbero più nemmeno questo “poco”, perché il danno biologico verrebbe indennizzato dallo stato sulla base di tabelle riduttive. L’unica nota positiva del nuovo testo è l’attenzione che viene posta sullo smaltimento dell’amianto presente nei manufatti. Porre la cosa non significa però risolverla. Dovendo sempre guardare ai conti pubblici, il testo propone coperture finanziarie per la bonifica degli edifici che fanno ridere rispetto alla enormità del problema. A titolo di esempio, il testo prevede per la bonifica degli edifici pubblici, trenta milioni di euro che non bastano a bonificare nemmeno qualche decina di scuole.
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7/06/06
 
Draghi, Prodi e gli altri commissis delle multinazionali : per non dimenticare





CHI è DRAGHI ,NEO GOVERNATORE DELLA banka
D'ITALIA ' e' chi è romano prodi ? per non dimenticare
e per schiarirci le idee (soprattutto coloro che hanno
votato  prodi e company)  e rimboccarci le maniche
senza arretrare. Detto in altre parole: chi era ( e
chi è ) il vero nemico ? Come diceva claudio lolli "
il nemico marcia alla tua testa " dobbiamo vedere
nonsolo dietro ma....chi marcia alla testa del
proletariato . masssimo di operai contro roma



L'ECONOMIA ITALIANA IN MANO AI....DRAGHI

Luigi Tedeschi

Fatti e misfatti di Bankitalia.
Il 2005 ha segnato una svolta nella politica italiana:
le dimissioni di Fazio da Bakitalia e la nomina alla
presidenza di Draghi è stato l'evento culminante di
una lunga stagione politica iniziata nel '92/'93 con
tangentopoli, che ha visto il progressivo
smantellamento delle strutture politico – economiche
nazionali a favore del capitalismo finanziario
globale. Tale evoluzione dell'Italia, è esaltata dai
media e dalla classe politica, come un fase del
coinvolgimento dell'economia italiana nel processo di
globalizzazione mondiale che non tollera ostacoli al
primato del dell'occidente capitalista dominato dagli
USA. La vicenda Fazio, legata alla scalata degli
immobiliaristi e della Unipol alle banche Antonveneta
e BNL e della difesa ad oltranza messa in atto dall'
ex governatore per impedire l'ingresso di banche
straniere nel sistema lobbistico italiano, si riassume
in uno scontro frontale tra i gruppi della finanza
italiana (sostenuta dai partiti di sinistra e dalla
Opus Dei), e quelli legati al capitalismo laico e
internazionale. La vittoria di questi ultimi, sancita
dalla nomina di Draghi a governatore di Bakitalia,
apre nuovi scenari in tema di controllo del sistema
creditizio italiano da parte della finanza trasversale
di gruppi quali Bilderberg, Rothschild, Goldman Sachs.
E'dunque d'obbligo una riflessione sul ruolo
politico-istituzionale ricoperto da Bankitalia, alla
luce del quale possono essere comprese le logiche e le
conseguenze relative a questo scontro tra “poteri
forti”. Bankitalia, a seguito del varo dell'euro, non
è più istituto di emissione monetaria e, dopo il
trattato di Maastricht, non ha più il potere di
determinare i tassi d'interesse.
A parte la sua funzione di controllo sul credito e sul
risparmio, peraltro esercitata in modo alquanto
discutibile (come testimoniano i vari scandali dai
bonds argentini, a Cirio e Parmalat), la sua azione è
puramente esecutiva delle direttive della BCE. In
questo contesto, in una Italia privata della sovranità
economica e monetaria, i compiti di Bankitalia sono
nei fatti indefiniti. Essa ha esercitato, nella
realtà, dopo la nascita della UE, il ruolo di
influenza finanziaria su ispirazione dei gruppi di
pressione palesi ed occulti, impartendo direttive
prammatiche ai governi nella relazioni annuali del
governatore. Questo nuovo ruolo, determinante nella
politica italiana, si è affermato di fatto dagli anni
di tangentopoli e i governi “tecnici” susseguitisi (da
Dini a Ciampi che non a caso è divenuto Presidente
della Repubblica), sono stati diretta emanazione di
Bankitalia. Essa è stata protagonista del mutamento
istituzionale realizzatosi in Italia che ha comportato
il primato della economia finanziaria nel governo del
Paese. Tramite Bankitalia quindi, si è affermato un
potere politico indipendente dal consenso popolare.
Sin dalla nascita della Repubblica, l'istituto ha
svolto le sue funzioni in piena autonomia rispetto
alla politica, come previsto dal suo statuto, ma il
suo ruolo istituzionale è svincolato dallo Stato, dato
che il Tesoro non ne controlla la maggioranza delle
quote.
Bankitalia è controllata dalle grandi banche quali
Unicredito, Intesa, Capitalia, San Paolo. Finché le
banche d'interesse nazionale erano controllate dallo
Stato tramite l'IRI, il potere statuale aveva
un'influenza determinante sull'istituto, ma poiché il
sistema bancario (già controllato dallo Stato per il
70%), è stato privatizzato, Bankitalia è oggi un
organo di vigilanza i cui soci, in aperto conflitto di
interesse, vigilano su se stessi. La sovranità
economica è dunque delegata ad un organismo privato e
la mancata tutela del risparmio evidenziatasi negli
scandali degli ultimi anni ne è la prova. In tali
circostanze infatti, le banche, tramite la conversione
dei loro crediti in titoli ceduti ai risparmiatori,
hanno riversato il rischio sui cittadini, che si sono
trovati ad essere spogliati dei loro risparmi.

Ciampi e Draghi: i protagonisti dello Stato svenduto e
“privatizzato”
Bankitalia è stata protagonista della politica di
privatizzazione delle partecipazioni statali
inaugurata da Ciampi nel '92. tali politiche hanno
portato allo smantellamento dei settori strategici
dell'industria, della ricerca, alla fine degli
investimenti nelle grandi opere pubbliche. Ciampi nel
'92, per fare fronte ad una manovra speculativa
perpetrata da Soros, per porre un argine alla
svalutazione della lira, prosciugò le riserve
valutarie per ben 100.000 miliardi di lire. In seguito
ebbe luogo il summit sul panfilo Britannia, cui
partecipò, tra glia altri, Mario Draghi, quale
direttore generale del Tesoro ed esponenti delle
banche Berings, Waburg, Barclay, ecc, ove fu
deliberata la privatizzazione delle partecipazioni
statali e vennero conclusi accordi circa la
svalutazione della lira. Infatti, le privatizzazioni
furono realizzate dopo una svalutazione della lira del
30% circa, quindi a condizioni di svendita
fallimentare da parte dello Stato. Oggi si attribuisce
a Draghi il merito di aver concluso dismissioni per
182.000 miliardi di lire, che costituirono entrate
sufficienti a far diminuire il debito pubblico dal
125% al 110% del Pil. Occorre osservare che, mentre la
voragine del debito pubblico ha continuato a
riprodursi incessantemente, le entrate derivanti dalle
dismissioni servirono a ricostituire parte delle
riserve valutarie già bruciate nei mercati finanziari.

L'entrata in vigore dell'euro e il “patto di
stabilità” hanno accentuato la politica delle
dismissioni: i Paesi maggiormente indebitati (vedi
Italia), alfine di rispettare i parametri deficit/Pil
imposti dalla UE, sono costretti periodicamente a
ricorrere alla cessione di quote cospicue del loro
patrimonio economico. Si tratta, tuttavia, di entrate
una tantum a fronte di decrementi di risorse
strutturali: è questa una strategia che alla lunga
conduce al sottosviluppo.
Nel curriculum di Draghi viene ascritta la emanazione
del Testo Unico della finanza che contempla l'obbligo
dell'Opa totalitaria per gli acquirenti di una quota
di una società che superi il 30%. Pertanto, chi lancia
un'Opa acquista azioni ad un prezzo uguale a quello
dei piccoli risparmiatori. L'Italia nel '92 fu oggetto
di una campagna diffamatoria ordita dall'agenzia di
rating Moody's che declassò la Fiat e soprattutto i
Bot italiani, contribuendo in modo determinante alla
svalutazione della lira. Esplicati di tale situazione
sono le dichiarazioni di Reginald Bartholomew
(ambasciatore americano a Roma): “Continueremo a
sottolineare ai nostri interlocutori italiani la
necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni,
di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi
barriera agli investimenti esteri”. Fece così ingresso
in Italia la cultura liberista, che vedeva le
privatizzazioni come strumento di sviluppo dei mercati
mondiali e incitava i risparmiatori al disinvestimento
dei titoli di Stato a favore dei fondi di investimento
internazionali, del mercato azionario e
obbligazionario. A quel tempo Draghi si rese
responsabile della immissione del debito pubblico nei
mercati finanziari, facendo lievitare l'indebitamento
italiano verso l'estero, oggi assai rilevante, mentre
precedentemente la sua quota era esigua rispetto a
quello interno. Dai media apprendiamo che Draghi ebbe
il merito di contribuire a far crescere la
capitalizzazione della Borsa italiana del 400%.
Tuttavia, il trasferimento del risparmio italiano nei
mercati finanziari internazionali ebbe l'effetto di
privare l'economia italiana di ingenti risorse
necessarie allo sviluppo e contribuire a minare la
credibilità e la fiducia dei risparmiatori
assoggettati al rischio dei mercati. La successiva
creazione della previdenza integrativa e la riforma
del Tfr sono varie fasi che delineano un processo di
liberalizzazione ed esproprio di risorse a danno delle
imprese e dei lavoratori.
L'ombra di Goldman Sachs sull'Italia
Attraverso le privatizzazioni furono smantellati
settori trainanti dell'economia italiana: il settore
agro-alimentare già dell'IRI (acquisito da gruppi
inglesi, olandesi ed americani), il Nuovo Pignone
dell'ENI, la siderurgia di Stato, l'Italtel, l'IMI.
Furono inoltre privatizzate Telecom, Enel, ENI, già
enti di Stato, ora attive e prossime alla vendita a
multinazionali estere. Draghi, nel mondo finanziario,
vanta un curriculum di prim'ordine, avendo operato
nella banca Mondiale, nel gruppo Bilderberg, oltre ad
essere stato vicepresidente della Goldman Sachs. Tale
gruppo, già presente al summit del Britannia, ha
ricoperto un ruolo essenziale nel processo di
privatizzazione delle partecipazioni statali. Non si è
allora autorizzati a sostenere che nella presenza di
Draghi alla presidenza di Bankitalia sia ravvisabile
un evidente conflitto di interessi, dato che egli,
avendo ricoperto posizioni di vertice nella Goldman
Sachs? Draghi, oltre che segretario del Tesoro tra il
'91 e il 2003, presiedette nel '93 il Comitato per le
privatizzazioni. Nello stesso periodo Goldman Sachs,
tramite il fondo Whitehall acquisì nel 2000 l'ingente
patrimonio immobiliare dell'ENI di San Donato
Milanese, oltre agli immobili della Fondazione Carialo
e, assieme alla Morgan Stanley quelli della Unim, Ras
e Toro.
Altro consulente di rilievo della Goldman Sachs è
stato Prodi, il quale, una volta asceso alla
presidenza dell'IRI, realizzò la privatizzazione della
Credit tramite la Goldman Sachs, che fissò il valore
delle azioni a Lit. 2.075, meno del valore in borsa,
che era di Lit. 2.230. Prodi, inoltre, ha concluso la
cessione dell'Italgel (900 miliardi di fatturato) alla
Nestlé per 437. Questo benefattore delle
multinazionali si è reso inoltre responsabile della
cessione della Cirio-Bertolli-De Rica (fatturato 110
miliardi, valutata 1.350), ad una fantomatica
finanziaria lucana (FISVI) al prezzo di 310 miliardi
(unica offerta), che ne garantì il pagamento con la
futura alienazione di parte del gruppo stesso. La
cessione venne effettuata successivamente nei
confronti della Unilever, gruppo del quale Prodi era
stato consulente. Denunce, indagini della procura non
sortirono alcun risultato. Goldman Sachs (che ora
afferma sarcasticamente che a noi italiani è rimasto
solo cibo e turismo), è dunque il filo conduttore che
lega il governatore Draghi a Prodi, probabile futuro
premier. Tra l'altro, alla vicepresidenza di Goldman
Sachs, lasciata vacante da Draghi è stato ora chiamato
Mario Monti, ex commissario UE e uomo di fiducia dei
poteri forti.
Politica ed economia nell'Italia “privatizzata”
La consapevole e colpevole assenza di coscienza
dell'interesse e della dignità nazionale della classe
politica italiana è palese a tutti. Alla sovranità
nazionale si antepone l'interesse della lobby, del
partito, del credo ideologico. La chiave di lettura
della storia d'Italia degli ultimi 50 anni è questa:
la visione ideologica e particolare si è sempre
sovrapposta all'interesse nazionale, senza valutare la
compatibilità tra l'una e l'altro. Già nel 1944, dal
viaggio negli USA degli esponenti dell'azionismo
italiano Mattioli, La Malfa, Cuccia e Sforza, latori
di un memoriale in cui si delineava un'Italia
antifascista, liberale e non comunista (un Paese che
non esisteva se non nei deliri ideologici azionisti,
ma comunque omologabile agli USA), si prefigurava il
destino di un Paese che sarebbe stato governato di
fatto da elites finanziarie che fossero garanti di un
ordinamento subalterno agli USA e funzionale ai loro
interessi. L'economia italiana è stata per 50 anni
succube di Mediobanca e del capitalismo familiare. Il
regime di economia mista si è realizzato mediante il
controllo dello Stato sulle banche d'interesse
nazionale, il cui ruolo è stato quello di procurare
fondi alla grande industria privata. L'anomalia
italiana è consistita nella subalternità dello Stato
verso il grande capitale privato, le cui perdite ed
errori imprenditoriali hanno gravato sulla finanza
pubblica.
Dopo il crollo dell'URSS e l'avvento della
globalizzazione tali equilibri vennero meno. Alla
vecchia classe politica si sostituì quella di una
sinistra ex Pci riciclata e convertitasi al credo
liberista-finanziario, che potesse garantire la pace
sociale necessaria all'instaurazione di un'economia
liberista eterodiretta dalle multinazionali. La nuova
classe politica divenne intermediario politico del
neocapitalismo, mantenendo tuttavia i suoi privilegi
nella sussistenza del movimento cooperativo (di
diretta emanazione diessina), che contò a godere di
protezione politica. Il recente fallimento della
scalata della Unipol alla BNL è, con tutti i suoi
risvolti giudiziari, un evento indicativo di una nuova
trasformazione. Il neocapitalismo non necessita più di
intermediari per preservare un ordine da esso
istaurato. La fine di certo capitalismo nostrano
cresciuto all'ombra della politica e del capitalismo
assistito sotto le mentite spoglie delle Coop, sembra
ormai imminente. Il neocapitalismo globale vuole
gestire il potere economico in Italia, mediante una
politica eterodiretta che nasce dal connubio tra
Bankitalia, poteri forti e la coalizione di centro –
sinistra prossima ventura. Prodi potrebbe essere il
gestore provvisorio di un governo a tempo, cui
potrebbe succedere un nuovo un nuovo “Partito
Democratico” sostitutivo dell'Ulivo, sostenuto dalla
grande industria, da una sinistra rinnegata e
veltroniana, dalla cultura radical chic. Tale ipotesi
è avvalorata dalle iniziative degli industriali (in
primo luogo De Benedetti), circa la scelta dei nuovi
futuribili ministri. Tra l'altro, in un vertice tenuto
nell'autunno scorso tra i grandi personaggi
internazionali della finanza, della politica e
dell'industria, l'ospite d'onore Henry Kissinger ha
affermato che il ruolo del Continente europeo è quello
di “serbatoio di risparmio mondiale” occorrente al
perseguimento degli obiettivi strategici americani per
“l'esportazione della democrazia nel mondo”.
Da tutto ciò emerge che l'Italia è parte di un disegno
strategico di colonizzazione perseguito dagli
americani verso il Continente europeo. Ma l'Europa può
esportare democrazia americana solo a prezzo della
propria indipendenza. Infatti la democrazia ha una
propria ragion d'essere solo in un ordinamento libero
e sovrano, la sua espressione egemonica e mondialista
presuppone il primato di un occidente che si rivela
ogni giorno di più la tomba dell'Europa.


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2/06/06
operai contro
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1/06/06 
Esposizione dei lavoratori al rumore

 

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Lavorolex
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   01/06/2006   Lavorolex   In collaborazione con www.filodiritto.com

 

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  • Esposizione dei lavoratori al rumore
  • La citazione della settimana

 

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Esposizione dei lavoratori al rumore

1. Il Decreto Legislativo

Entreranno in vigore il 14 giugno 2006 le disposizioni del Decreto Legislativo 195/2006 recanti modifiche al Decreto Legislativo 626/1994 derivanti dal recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva 2003/10/CE relativa all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore).

In particolare, il Decreto Legislativo ha inserito il titolo V-bis (articoli 49 bis e seguenti), denominato Protezione da agenti fisici, nel corpo del Decreto Legislativo 626. Particolari obblighi sono posti a carico del datore di lavoro che è chiamato a compiere una valutazione del rumore secondo parametri definiti ed una conseguente valutazione dei rischi cui sono esposti i lavoratori.

2. Le misure di prevenzione

Il datore di lavoro dovrà poi adottare misure di prevenzione, al fine di eliminare i rischi alla fonte o di ridurli al minimo e, in ogni caso, a livelli non superiori ai valori limite di esposizione, tra cui, in particolare, le seguenti:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualità di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto è di limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermat ure, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.

3. Il periodo transitorio

Per consentire un adeguamento alle imprese sono stabiliti termini dilazionati di adozione delle misure prescritte. In particolare, gli obblighi introdotti con modifica al Decreto Legislativo 626 si applicano trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto e pertanto dal 14 dicembre 2006. Per il settore della navigazione aerea e marittima, l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione al rumore entra in vigore il 15 febbraio 2011. Per i settori della musica e delle attività ricreative, le disposizioni di cui all'articolo 2 si applicano a decorrere dal 15 febbraio 2008.

La citazione della settimana
Arthur Bloch

Legge di Good
Se hai un problema che deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema.

(Da Il libro degli aforismi, a cura di Federico Roncoroni, Oscar Mondadori, Arnoldo Mondadori S.p.a., Milano, 2002, p.458)

 

 

 

 

 

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Lavorolex è una produzione di Buongiorno Vitaminic SpA
In collaborazione con www.filodiritto.com

 

 



 

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26/05/06
RESPONSABILITA' DEI PREPOSTI PER INFORTUNIO DEI LAVORATORI

1. Il caso

Nell'interessante sentenza in oggetto la Cassazione ha confermato la pronuncia del giudice di secondo grado, che aveva condannato per il reato di lesioni colpose il caposquadra che aveva assegnato ad un lavoratore un compito (trarre dei cunei da un’asse di legno), la cui esecuzione richiede l’adozione di specifiche cautele al fine di evitare lesioni alle mani (utilizzazione di un apposito arnese, lo “spingi pezzo”), non controllando che il lavoratore facesse uso del necessario strumento di protezione.

2. Le motivazioni della sentenza

Interessanti i passaggi della pronuncia che riguardano la suddivisione delle competenze tra datore di lavoro, dirigenti e preposti.

"Con le innovazioni apportate al testo del 1994 dal Decreto Legislativo del 1996 si sono distinte le funzioni e la posizione di garanzia che è propria del datore di lavoro e non è delegabile a terzi dalle funzioni delegabili (articolo 1 comma 4 ter).
In questo modo si sono enucleati degli obblighi così ontologicamente connessi alla funzione propria ed alla qualifica del datore di lavoro da renderli assolutamente insuscettibili di traslazione su altri soggetti, sia pure prescelti ed espressamente delegati dal titolare.
Si tratta dei compiti di valutazione dei rischi connessi all'attività d'impresa di individuazione delle misure di prevenzione e dei mezzi di protezione, di definizione del programma per migliorare i livelli di sicurezza, di fornitura dei dispositivi necessari di protezione individuale, di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
.  Il datore di lavoro non è tenuto ad elabora re personalmente il piano di sicurezza, ma dovrà scegliere gli esperti che lo faranno, fissando i tempi ed i modi delle forme di controllo della loro attività senza rimettere ad altri l'incarico di assumere questa iniziativa ed una volta ottenuto il piano dovrà reperire le risorse, organizzare le strutture e distribuire i compiti fra i suoi collaboratori per renderlo operante".

3. Responsabilità dei preposti

"Accanto al datore di lavoro sono menzionati dal decreto i dirigenti ed i preposti, dei quali non si dà una espressa definizione, per cui tali qualità discendono dalla loro posizione assunta all'interno delle singole aziende o enti.

Venendo a considerare la figura dei preposti perché il ricorrente, caposquadra, non aveva senz'altro una posizione dirigenziale e contesta di poter essere considerato preposto, la nozione si ricava dall'articolo 4 bis che riprende il concetto contenuto dell'articolo 4 dei Decreti del Presidente della Repubblica 547/55 e 303/56, definendo li come i soggetti che sovraintendono all'espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionale. Con il termine "sovraintendere", secondo il concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, si indica l'attività rivolta alla vigilanza sul lavoro dei dipendenti per garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza. Non spetta al preposto adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri, intervenendo con le proprie direttive ad impartire le cautele da osservare.

Con l'articolo 90 del Decreto Legislativo 626/94, così come modificato dal Decreto Legislativo 242/96 è stato ampliato il precetto prevenzionale diretto al preposto, ma perché possa essere chiamato a risponderne in concreto occorre che utilizzando il criterio guida dell' effettività egli abbia in concreto il potere di intervenire nei compiti precettati, per cui l'area della sua responsabilità viene circoscritta dagli effettivi poteri a lui spettanti, indipendentemente dalle più ampie indicazioni normative. Nel caso di specie il caposquadra va inquadrato nella figura del preposto perché rientra nei suoi compiti dirigere e sorvegliare il lavoro dei componenti la squadra.

Al lavoratore era stato ordinato dal caposquadra di trarre dei cunei da un'asse di legno, operazione che necessita dello spingi pezzo onde impedire lesioni alle mani.

Si tratta di una dotazione obbligatoria che va fornita dal datore di lavoro, ma l'imputato non ha sollevato obiezioni circa la possibilità di disporre di tale strumento.
Trattandosi di un' operazione espressamente ordinata dal preposto il controllo della stessa era di sua competenza e se vi fosse stata una qualche difficoltà nel reperimento dello spingi pezzo avrebbe dovuto preoccuparsene o sospendere l'operazione stessa, essendo suo compito quello di fornire ai lavoratori i mezzi di protezione o di fame richiesta al datore di lavoro ed al responsabile del piano di sicurezza. quantomeno nell'ambito delle attività lavorative di sua competenza.

Non può, pertanto sfuggire alle sue responsabilità il soggetto che avendo il potere di ordinare un tipo di lavoro non controlli che questo sia compiuto secondo le norme antinfortunistiche. In caso contrario verrebbe meno un anello della catena organizzativa, essendo impossibile per chi non si trovi sul posto di lavoro effettuare tale controllo che costituisce una delle attività più importanti tra quelle dirette ad evitare gli infortuni".

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 21 aprile 2006, n.14192: Delitti contro la persona - Lesioni personali colpose - Infortuni sul lavoro - Preposto - Responsabilità - Condizioni).

 

 

_____ 25/05/06
 
PROMOZIONE AUTOMATICA DEL LAVORATORE PER SVOLGIMENTO DI MANSIONI SUPERIORI

La Cassazione Sezione Lavoro con sent. del 7 marzo 2006, n. 4842, ha disposto che la promozione automatica del lavoratore per svolgimento di mansioni superiori spetta anche nel caso che la formale responsabilità del suo nuovo incarico sia stata attribuita dall’azienda ad altro dipendente – In base all’art. 2103 cod. civ. quindi il lavoratore acquista il diritto ad essere promosso alla qualifica superiore quando abbia svolto per tre mesi le relative mansioni. Ove il datore di lavoro, nel collocare il dipendente in una posizione che comporta lo svolgimento di mansioni superiori, attribuisca formalmente la relativa responsabilità ad altro lavoratore, come “reggente”.

La Cassazione ha ribadito che l’art. 2103 cod. civ. non consente di ritenere che, al fine di escludere il diritto del dipendente alla superiore qualifica per effetto dei contenuti professionali delle mansioni svolte per il periodo di tempo minimo previsto dalla norma, sia sufficiente che il datore di lavoro, nell’esercizio del suo potere organizzativo, conferisca ad altri dipendenti la titolarità formale delle mansioni stesse, ovvero degli elementi più qualificanti delle stesse. Appare, infatti, incontestabile che, ai fini di una norma di tutela, diretta con evidenza a privilegiare l’effettività, l’affidamento formale della responsabilità non incide minimamente sulla realtà della situazione di fatto. La Cassazione ha ribadito che a tal fine non rilevano le dichiarazioni esplicite di volontà se non coerenti con i comportamenti rivolti ad attuarle, i quali, se in contrasto, concretano essi manifestazione della reale volontà negoziale

 

Sent. Cassazione Sezione Lavoro. del 7 marzo 2006, n. 4842

 

 




  _____ 22/05/06 Caro socio,
 

 

Comunicato stampa

 

Amianto alla ex Breda Fucine di Sesto San Giovanni:

   4° vittoria consecutiva dei lavoratori

Altri 6 operai del reparto Forgia vincono la causa contro l’INAIL e l’INPS.

 

 

Il giudice del lavoro dott.ssa Manuela Scudieri del Tribunale di Milano, ha condannato oggi l’INPS a riconoscere i contributi previsti dalla legge sull’amianto ad altri 6 operai del reparto Forgia della ex Breda Fucine di Sesto S.Giovanni.

 

 La perizia del Consulente Tecnico del Tribunale di Milano, le testimonianze dei lavoratori e dell’ASL hanno dimostrato che “l’utilizzo dell’amianto nel reparto forgia della Breda Fucine Spa era massiccio. Per tutti i lavoratori ricorrenti, l’esposizione all’amianto era diretta, indiretta e ambientale, e ha superato le soglie previste dall’art.31 D.Lgs. 277/91, che prevede 600 fibre per centimetro cubo per il crisotilo; (200 fibre litro per tutte le altre varietà di amianto)” come ha ribadito il CTU del tribunale.

 

Questa nuova sentenza, la quarta favorevole agli operai della Breda Fucine, apre la strada al riconoscimento di tutti coloro che sono stati esposti all’amianto in questo reparto.

 

Altre due cause (che riguardano decine di lavoratori) andranno a sentenza nei prossimi mesi a Milano e Monza. Il Comitato ha inoltre deciso di avviare, sempre con gli avvocati Nicola Coccia e Claudio Frugoni, un’altra serie di cause che riguarderanno centinaia d’operai, prime fra tutte quelle per il riconoscimento dei danni biologici ai lavoratori ammalati.

 

Per anni l’INAIL ed il suo organismo tecnico preposto a valutare l’esposizione ad amianto (CONTARP) – che si sono ben guardati dal sanzionare l’uso criminale dell’amianto fatto dai padroni nelle fabbriche - hanno negato ai lavoratori il riconoscimento dell’esposizione all’amianto ormai provata oltre ogni dubbio, e delle malattie professionali causate da questa sostanza cancerogena. Ora dopo ripetute manifestazioni, proteste e cause vinte dai lavoratori l’INAIL ha cominciato a riconoscere solo alcune mansioni, nel tentativo di dividere i lavoratori mettendoli gli uni contro gli altri.

 

Oggi per la 4° volta il tribunale riconosce in pieno la nostra tesi che, al di là delle loro mansioni, tutti coloro che sono stati esposti all’amianto hanno diritto a vedersi riconosciuti i “benefici”previdenziali stabiliti dall’art. 13 della legge 257/1992.

Un altro passo è stato fatto, ma la nostra lotta continuerà  finché tutti i lavoratori avranno giustizia.

 

 

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio.

 

Sesto S.Giovanni, 22 maggio 2006

Per contatti: cell. 335.7850799 – 3394435957 

E-mail: michele.mi@inwind.it

_____ 21/05/06
 

Il testo del disegno di legge dei Senatori Casson, Battafarano e Malabarba depositato al Senato il primo giorno di seduta, che ricalca le proposte avanzate nella precedente legislatura in Commissione lavoro del Senato.

DISEGNO DI LEGGE   Disposizioni a favore dei lavoratori e dei cittadini esposti ed ex esposti all’amianto e dei loro familiari, nonché delega al Governo per l’adozione del testo unico in materia di esposizione all’amianto d’iniziativa dei senatori: CASSON MALABARBA  fonte fiom.cgil.it

 

http://www.fiom.cgil.it/uff_sas/disegno_amianto_06.pdf

 

 



 

 


Per suggerimenti, proposte, articoli e quant'altro scrivere a : tarantopost@libero.it
(gentilmente entro e non oltre il giorno 25 di ogni mese)