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Asmà e Shadi
di Pierfranco Bruni

mercoledì 31 luglio 2013

Nelle librerie dall’1 agosto

da csrbruni@alice.it




In Asmà e Shadi di Pierfranco Bruni uno  specchio è posto al di sopra delle Sette Porte  perché si veda l’Oriente

-Nelle libreria dall’1 agosto-

- Dall'Introduzione di GERARDO PICARDO -

 

 

“Le mie mani hanno la riga delle corde dei

porti mancati”.

Abita in questi versi di Piefranco Bruni il

sogno di Asmà e Shadi (Pellegrini editore – 0984 795065)

in distribuzione in questa settimana.

 Due storie che conoscono

l’odore delle spezie e il sangue caldo delle

lotte. Sono parole di destini, carne e spirito

che danzano nelle veglie del tempo. È un dialogo

che accade a Oriente, dove sorge il sole, e la

saggezza si fa sempre narrazione.

Un uomo e una donna cercano una parola

perduta, e cercano di non perdersi. Il loro

strumento è il linguaggio orientale, che torna

sempre al centro dopo aver compiuto viaggi di

significati. Anche la poesia è ritorno al centro

dopo l’avventura del labirinto.

Parole di sabbia e speranza in questo dialogo

che ha gli echi di sapienze lontane.

La magia dei sufi danzanti, l’incenso delle

soste, i piedi insanguinati di umanità.

“Ho carezze tra le mani che dedico ai tuoi

silenzi”, scrive il poeta. Perché i silenzi ci sca-

vano l’anima ma lasciano sempre spazio a occhi

capaci di superare muri e cogliere l’oltre.

Le parole di Asmà e Shadi sono danze sciamane

che legano nella carne incantatore e incantesimo.

Pierfranco Bruni continua a cercare tra le

pieghe del tempo, si intrattiene con i mercanti

arabi e ne ascolta la voce. Lancia dadi e racconta

la magia del Mediterraneo perché ne conosce

il vero segreto: l’incontro. Percorsi tra la sabbia

e la pietra, partenze e ritorni, dove l’altro non è

nemico ma ‘Aki’, fratello nella storia.

Scambia il grano del suo Sud con olio profumato

di nardo, quello che un giorno Maria

Maddalena versò sui piedi del Nazareno, cogliendo

la sua verità di passaggio per la Galilea.

Pierfranco Bruni non ha smesso di rincorrere

parole che restino fino a sera. Vale per lui

ciò che Giordano Bruno scriveva nel De Minimo:

“Noi cerchiamo un pane diverso…”. Uno

specchio è posto al di sopra delle Sette Porte,

nel lato occidentale, perché si veda l’Oriente,

là dove brilla la luce che è al di sopra del velo.

“Siamo un altro vento, ormai”, recita un altro

passo di questo dialogo che non si chiude

anche quando i protagonisti non si cercano più.

Si è soli ad amare e a morire, soli davanti alla

pietra del tempo.

“Urlami l’immenso”, si legge in un altro

verso che impagina dolore e passione. È voce

che consuma le attese, rincorre una bellezza che

“non segna confini”.

Nulla, forse, è più vero di due corpi che si

stringono nella sabbia. “Io e te siamo segreto”,

e il vento “ha l’odore del sale e dei crepuscoli

anneriti”. In questo viaggio non vi sono certezze,

o forse vi è la certezza più grande: “Vivimi

con il mare dei viandanti e portami con te”.

Il Mediterraneo è destino che si dice con la

poesia, perché nella poesia il tempo non fugge

e non si svuota. La differenza irrompe contro la

ripetizione. Ma la poesia è anche ponte, perché

attraversa storie. Ed è coscienza, unisce oltre

ogni barriera e appartiene a tutti.

Inutile però barare, si scrive sempre per

amore. Quando nasce o quando finisce, quando

scalda il petto o fa salire ricordi e toglie le bende.

“Le tue labbra non hanno più il mare, ma la

marea”. E “niente resta uguale, dopo le maree”,

metteva in guardia il Nolano.

Se tutto comincia sempre con un incontro,

Asmà e Shadi sono il passato ma anche il futuro.

Sono il presente che getta sale sulle sconfitte

e sterra sentieri da ricordare di giorno. È la

parola del marinaio che conosce i venti e della

puttana che sa dare consigli.

I viaggi dei protagonisti alla ricerca di se

stessi racchiudono la ricerca della Bellezza, per

continuare a pensare e restare uomini e donne

nel vento. In compagnia di pochi maestri che

accendano tre luci di notte.

Portiamo nell’anima gli occhi neri di una

azera che nella piazza di pietra racconta storie

di Baku. Dividiamo il latte con i nomadi

e attendiamo le stelle che tracciano la strada

di notte.

Forse una yurta ospiterà anche il nostro

viaggio d’inverno, che crede all’amore e

alla morte.





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