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Io e San Francesco di Paola camminiamo ricordando i nostri viaggi
mercoledì 28 agosto 2013

di Pierfranco Bruni


San-Francesco-di-Paola

L'Arbor-Religionis-nel-vestibolo


Cammina

Io e San Francesco di Paola camminiamo per le strade di Grottaglie ricordando i nostri viaggi

 

 

di Pierfranco Bruni

 

 

 

Cammina con passo lento.  Bastone lungo. Sembra una canna robusta che sorregge un corporatura alta, con la pesantezza sulle spalle. La barba bianca. Lunga. Occhi che fanno tremare nello sguardo che cattura l’invisibile. Il Santo di Paola. Ha attraversato le vie della Calabria. Ha velato il mare di Sicilia. Lo Stretto con i fantasmi del mito.

Ha contrapposto la fede alla ragione e il sacro vince il male. Ci vuole fede. La fede è carità. Mai vanità. La fede è certezza. Mai parole di pena. La fede è l’attraversamento dei deserti anche dopo Damasco. Mai predisposizione alla professionalità del mistico.

È giunto a Grottaglie. Tra le strade lastricate dai Latini e fardelli di radici greche. Ha plasmato la creta. Sa che nella roccia c’è il respiro della terra. Conosce il suo giaciglio nella grotta. Paola è incatenata nei passaggi rupestri che il Santo ha abitato.

Il suo Tirreno è Magna Grecia che ha visto Enea percorrere le isole sino a giungere nella città di Romolo e Remo. La Calabria è San Francesco di Paola che respira tra i mari sino a toccare il vento e i palazzi della Francia. Napoli è un abbraccio e ti accoglie con i suoi accenti arabi.

Il ponte che si apre, quello di Taranto, ha la devozione del paolano. Grottaglie non è un immaginario. La storia non fa i conti con la cronaca quando c’è la santità che si rivela.

Allora. È giunto a Grottaglie. Qui la Magna Grecia è l’Ulisse ma è anche il passo degli elefanti di Pirro. Ennio è archeologia, un’invenzione o una verità? L’archeologia è sempre leggere i frammenti, interpretarli e tradurli riportandoli nella storia. Ma Francesco è Rinascimento. Non è archeologia.

A Grattaglie annuncia il barocco di Giuseppe Battista. Battista dedicherà al Santo, che porta inciso sul petto la “Caritas” della rivelazione cristiana, le poesie più belle del mazzo che si sono conservate. C’è teologia ma anche la fede nel magico ascoltare il tempo che si allunga nei secoli.

Giovanni Paolo II aveva fatto suo il peregrinare del paolano e da Paola invita ad amare sempre di più la spiritualità della grotta di Francesco.  Si è detto che in Francesco c’è del taumaturgo. Vero. Questo mi incanta, perché la taumaturgia supera le religioni e si incasella nell’antropologia dei cristiani che raccontano Cristo con la preghiera ma senza la predica.

Dunque. Grottaglie. Ha mai abitato il saliscendere dei gradini delle ceramiche? Con la sua barba bianca e il lungo bastone indica lo spazio della sua Chiesa, del suo Chiostro, del Convento. Non un luogo sacro soltanto. Ma il tempo dell’accoglienza è nel tempo dello sguardo in un volto che non deve temere l’inquietudine.

Più volte ho incontrato San Francesco di Paola. Da sempre è nella mia vita. Nella storia della mia famiglia. I nonni, mia padre, mio padre, i miei figli. Mio padre è morto con il desiderio di essere portato per l’ultima volta a Paola. Non ho avuto mai tempo e il tempo si è spezzato.

Il Santo, osservandolo, l’altra sera, nella Chiesa di Grottaglie, mi ha guardato con uno sguardo severo. Questa volta non mi ha detto nulla. Ma il suo sguardo severo mi accompagna. Più volte l’ho sfidato. Ci siamo combattuti. Mi ha sempre accolto con i suoi occhi di spada. L’ho sfidato un due aprile di due anni fa e mi ha concesso una via. L’avevo già sfidato anni fa cercandolo nella grotta di Paola e mi ha salvato.

Il suo sguardo salva sempre, non giudica, ma ha la severità dei padri autorevoli. Ci sono destini. Ma anche religiosi incontri. Francesco Grisi molto devoto al Paolano ha vissuto il travaglio di San Francesco. È andato in coma il venerdì santo di un due aprile ed è morto la domenica di Pasqua. Aveva tra le mani due immaginette: nella destra quella di San Francesco di Paola. Nella sinistra di San Giuseppe Moscati, il medico Santo di una Napoli nel cerchio della partenopeità popolare e religiosa.

A Grottaglie mi ha accompagnato quotidianamente da quando abito questi luoghi della Puglia. È il mio Santo. Non mi commuove ma mi offre sicurezza. È l’unico riferimento che temo quando i miei occhi incontrano i suoi. Certo a Grottaglie ha vissuto lunghe epoche e se ancora ha la sua energia è perché ha la forza di trasmettere i suoi racconti non fermandosi mai davanti agli ostacoli.

Ha il vento dei mari e dei monti della Calabria che lo spingono ancora a viaggiare. Il Principe dei marinai e degli artisti. È giunto a Grottaglie per recitare la penitenza e ha trovato la fedeltà. Mi ha insegnato che in ogni gesto infedele non c’è alcuna punizione. Non esistono punizioni o peccati. Esiste la verità che non viene imposta. Ma deve toccarti. Come una grazia.

Mia figlia è stata battezzata a Grottaglie, sotto lo sguardo di questo Santo, in una chiesetta nel Chiostro. Non tanto tempo fa. A Grottaglie. Soltanto ieri. Ma lo vedo ancora camminare. Noi che la Calabria la portiamo nell’anima, nell’anima resiste, perché il miracolo è il messaggio di una tradizione. Con il suo bastone, con la barba bianca, con il cordone e la sua tunica di monaco dei deserti non ha abbandonato Grottaglie.

Mi resta una foto di secoli fa. Io di un anno o poco più con indosso il vestitino di San Francesco di Paola sono tra le braccia di mia madre. Mi avevano portato a Paola. Era il mese di maggio. Festeggiamenti e il Santo nell’attraversata tra le onde. Oggi sono antico e resto, senza esitazioni, inginocchiato i piedi del Santo.

Nella Chiesa di Grottaglie. Non penso più alle storie, alla storia, alla cronaca della patria società. Ascolto, senza cercarla, la fede e San Francesco, nella chiesa barocca (diciamola barocca), mi punta il suo sguardo. Ha la dolcezza della severità e del combattente.

La fantasia in questo mio dire ha la sua importanza e la faccio andare tra i sogni e le finzioni che trasformano la storia. Ma è il sacro che vive oltre il mescolamento delle storie. Le storie sono documenti. Non fanno la rivoluzione. Io sono devoto ai rivoluzionari che hanno l’impeccabilità della luce e l’autorevolezza nello sguardo.

Cammino accanto a San Francesco. Mi dice: “Dobbiamo rifare un viaggio. Qui dove ci troviamo il sole butta tra gli intagli della città antica. Ritorniamo navigando il le coste dello Jonio per giungere al Tirreno. Da Paola ripartiamo nuovamente. Mi tocca andare in Francia. Accompagnami per un tratto di strada. Ti racconterò di quando ho attraversato con il mantello il filo di mare che lega la Calabria alla Sicilia”.

Mi osserva. Certo, sarò al tuo fianco e in silenzio accoglierò la dolcezza e la durezza dei tuoi sguardi. Grottaglie è nell’alba tarda. Ci siamo incamminati, a piedi scalzi, verso le terre delle Calabrie.



Lunetta-del Chiostro-dei-Paolotti

 

 

P. S.  Si comprende fino a che punto si rischia la realtà, si definisce la storia, si gioca con la fantasia. Si comprende che scrivere può essere un rischio. Ma la scrittura che non cede alla filologia e alla storiografia è sempre legittimamente un rischio. D’altronde perché fare della storia quando le nostre biblioteche grondano documenti su San Francesco di Paola. Perché ritornare a descrivere i Chiostri e le lunette quando sono state descritte già tante altre volte e anch’io mi sono occupato di questi spazi in epoche fa? Abbiamo bisogno di altro. Il rischio è una sfida. Francesco mi fa dono, di volta in volta, della sua austerità, del suo coraggio ma anche del suo sorriso e della sua ironia. Le reliquie di Paola mi hanno sempre accompagnato. Come non mi lascia il paesaggio del ponte del diavolo, il percorso nella grotta labirintica, il giaciglio dove il Santo dormiva. Sono testimonianze. La fantasia è oltre. Tutto ciò che ho scritto è inventato ma parzialmente. Tutto ciò che non ho scritto resta nel mio cuore. Il lettore capirà il limite. Ma il mio lettore mi auguro che comprenda la serenità della severità del Santo e il mio indefinibile gioco. Di ciò devo rendere conto soltanto al Santo. I giudizi graffiano la pelle dei moralisti. Io sono un eretico e solo San Francesco di Paola potrà fermare con i suoi occhi e con il bastone la mia eresia. Ma sorride con la forza della sua virtù e mi pone una mano sul capo. Grazie Francesco di Paola

 

 

 

 




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