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Cinema e letteratura.
Da Pirandello e D'Annunzio: linguaggi e simboli
di Marilena Cavallo

mercoledì 18 settembre 2013

da csrbruni@alice.it




Cinema e letteratura

 

Pirandello e D’Annunzio trasformano il linguaggio letterario creando l’immagine e l’immaginario attraverso la macchina da presa. Il cinema italiano ha un’importante tradizione nella partecipazione di un confronto con la letteratura. Cinema e letteratura nei loro linguaggi eterogenei costituiscono un raccordo importante e un messaggio sia in termini estetici che etici. C’è una filmografia che ha un debito singolare con la letteratura e queste due forme espressive costituiscono un modello culturale significativo soprattutto in una dimensione di linguaggi popolari.

Credo che sarebbe auspicabile avviare un serio discorso sul rapporto tra cinema e letteratura. Un discorso che dovrebbe riguardare non solo gli aspetti culturali in sé, ma anche quegli organismi istituzionali che si occupano di promozione e valorizzazione della cultura italiana. Il cinema come modello letterario è espressione di identità. Proprio per questo è un veicolo necessario per approfondire alcuni elementi che puntano alla valorizzazione di quel cinema che ha matrici letterarie.

Soprattutto in un momento di nuovi approcci verso linguaggi sommersi riflettere su tali questioni diventa sempre più importante sia dal punto di vista culturale che istituzionale. Cinema e letteratura. Un binomio che ha attraversato l’intero Novecento. Ha caratterizzato la ricerca di molti registi e si è posto come elemento di dibattito nel corso delle diverse stagioni storiche e letterarie. Una discussione ampia ma che, in molte occasione e contesti, finora non ha focalizzato il quadro della questione.

Una questione antica. Pirandello del "Si gira" o D'Annunzio che campeggiava nelle patrie lettere del cinema sono una testimonianza vivificante. Anche recentemente il dialogo ha una sua base di fondo.

Il cinema è stato (ed è) fondamentale nella letteratura e la letteratura a sua volta diventa, sostanzialmente, un elemento significativo. C'è da dire anche un fatto. Molti romanzi hanno già dentro la loro struttura una dimensione cinematografica e non perché vengono costruiti a priori cinematograficamente, ma perché lo scrittore riesce a vivere gli scenari e a strutturare i personaggi grazie a respiri lunghi o corti ma sulla base di una propria idea di scenografia.

In altri termini molti scrittori, quando scrivono, non fanno altro che costruire immagini. Le immagini sono quelle categorie che permettono al soggetto di essere trasformato. Viceversa, avviene anche che molti film hanno dentro la loro "partitura", scenica e linguistica, un iter romanzesco. Ovvero, una visione romanzata della storia che vi si racconta.

In fondo la letteratura stessa è una letteratura, e mi riferisco al romanzo in particolare, che crea scenari sui paesaggi immaginari e sostiene l'avventura che intraprendono i personaggi. Già di per sé il romanzo si porta dentro la fisionomia di un raccontare per meditazioni, dialoghi e immagini. Appunto per questo si potrebbe anche dire che un romanzo è un soggetto che prosegue per impianti scenografici. Mentre un film, che si rispetti chiaramente, è sempre un raccordare la parola dei personaggi con le immagini che si vedono.

Nel romanzo le immagini si ascoltano, si sentono, si avvertono. Nel film si vedono e prendono corpo grazie all'immagine. Nel romanzo prendono corpo attraverso la fantasia. Quindi il gioco fondamentale è tra la fantasia che proietta sensazioni che si trasformano in immagini e le immagini che producono, a loro volta, sensazioni. Un interscambio utile e necessario in termini letterati e cinematografici.

Cosa succede, in realtà, quando si porta un romanzo sullo schermo? Il romanzo resta un romanzo con una sua struttura non solo da valutarsi sul piano linguistico ma soprattutto sul piano della collocazione e del vissuto dei personaggi. Le immagini che nel romanzo ci sono vengono catturate dal lettore. Non vengono offerte come immagini tout court. Mentre nella trasposizione cinematografica il gioco è tutto un attraversamento di immagini e di scenari al di là dei dialoghi. Ma un film è sempre un ulteriore romanzo.

Il Novecento letterario è stato attraversato dalla caratterizzazione della dialettica tra scrittore – regista e scenografia. Gli esempi non mancano. Ciò che, comunque, contrassegna limpidamente la questione, in realtà, ha una sua versione chiarificatrice nell'affrontare il "nodo" del personaggio. Oltre ai personaggi ci sono i luoghi, i rimandi, la lettura storica. Attraversamenti dentro il processo creativo della macchina da presa.

Il cinema è movimento reale. Nel romanzo è l’immaginazione che prende il sopravvento attraverso le metafore. Ma il personaggio resta un disegno fondamentale. Già Giacomo Debenedetti, in alcuni suoi studi, aveva posto tale riflessione. Il personaggio compie un'avventura. La compie sia nel romanzo che nel film. Il discorso consiste nel come questa avventura si possa poi realizzare.

Da qui bisognerebbe partire per non dimenticare lo spirito che a un tale rapporto Pirandello e D'Annunzio avevano dato. Perché nonostante tutto, nonostante la trasformazione della "macchina" da presa, nonostante gli strumenti applicati nel cinema il problema che si pone, ancora oggi, è sempre lo stesso. Un dialogo che è fatto di linguaggi che si esprimono attraverso una griglia di simboli. Un rapporto che non ha mai smesso di creare istanze estetiche.

 





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