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STORIA DEL SUD – Miseria e nobiltà nella Taranto Antica.
martedì 27 gennaio 2015

articolo di Michele Santoro
PRESENZA LUCANA” – 25° Anno

PRESENZA LUCANA Presidente: Michele Santoro
Associazione Culturale e Sociale
Via Veneto 106/a
Tel. 099/7384301 Cell 338.4945141
E-mail: presenzalucana@libero.it




Domenica 25 gennaio 2015


Presso la sede dell’Associazione Culturale di Taranto, dopo l’incontro dedicato alla Letteratura del Novecento con la presentazione del poeta e traduttore pugliese Vittorio Bodini, è stata presentata una relazione dello studioso Angelo Conte dal titolo “Miseria e nobiltà, nella Taranto antica” per la cartella “Storia del Sud”.


•consegna della pergamena al relatore Angelo Conte.

La nuova ricerca di Conte dà seguito al testo “La dea del sorriso”, riferito alla “Statua di Persefone” che fu trafugata nel 1912 e che si trova, ora, all’Altes Museum di Berlino. Una copia della Dea è stata realizzata in materiale plastico per essere portata stabilmente al Museo tarantino nell’apertura del secondo piano dello stesso.
Lo studio è stato realizzato da un’attenta e minuziosa osservazione d’immagini tratte, in gran parte, dai vasi giacenti presso il Museo Martà di Taranto.
La nascita del ceto aristocratico cominciò a manifestarsi, nella nostra città, dalla seconda metà del VI sec., per continuare fino ai primi decenni del V sec. a.C.
Il suo potere si basava essenzialmente su proprietà terriera, pastorizia, allevamento, agricoltura e commercio. Non per nulla i coloni spartani, guidati da Falanto, su suggerimento dell’oracolo di Delfi, scelsero il territorio di Taranto per le sue caratteristiche ambientali, le terre fertili, il mare pescoso e la buona difendibilità da attacchi nemici. Avrebbero potuto conquistare ampi territori, ma la loro azione espansiva fu sempre frenata dalle bellicose popolazioni indigene limitrofe: quella dei Messapi che occupavano l’attuale Salento e quella dei Peuceti situati nell’area dell’attuale barese.
La proprietà terriera, pastorizia, allevamento di animali, in particolare cavalli e pecore, permise la nascita e il formarsi di una ricca classe egemone, quella degli aristocratici, che per molti decenni detennero, e in maniera assoluta, il potere economico, politico, militare, e religioso riducendo in uno stato di schiavitù o quasi, il resto della popolazione.
Attraverso fonti letterarie e iconografiche, sono state illustrate le due facce della medaglia: da una parte la vita gaudente dei ricchi aristocratici, dall’altra la miserevole condizione dei servi e degli schiavi.
Nel corso dell’incontro, sono stati mostrati alcuni aspetti piacevoli della vita quotidiana dei giovani aristocratici, a iniziare dalla caccia, con la pratica della quale i giovani dovevano fornire prova di sapersi gestire nei momenti di difficoltà. Altro momento importante era quello della partecipazione al simposio, rituale del bere e del mangiare insieme, riservato alle classi emergenti, durante il quale si discuteva piacevolmente di politica, poesia, musica. Importante era la presenza di ragazze (le etere), col compito di allietare i presenti con canti, danze, esibizioni musicali e prestazioni sessuali.
Nella vita dell’aristocratico era ben chiari, l’istruzione, affidato a maestri di letteratura, la musica, la matematica e la scrittura, finalizzata alla formazione del carattere e delle qualità morali, unitamente alla cura del corpo; quest’ultima si svolgeva all’interno dei ginnasi e delle palestre. I giovani esercitavano il loro fisico praticando diverse attività sportive, come la corsa, il lancio del disco e del giavellotto, la lotta, la corsa con i cavalli; finalità suprema era quella di partecipare ai giochi panatenaici e, se possibile, puntare alla vittoria, che avrebbe dato lustro a se stessi, alla famiglia e alla città.
In caso di guerra però, toccava ai giovani aristocratici la difesa della loro città, per cui le attività agonistiche praticate in tempo di pace, dovevano servire loro per ben districarsi sia in fase di difesa sia di offesa.
E quando la morte sopraggiungeva, a loro spettavano funerali solenni e sepolture monumentali, come le tombe a camera, al cui interno erano depositati i ricchi corredi funerari, che dovevano esaltare al massimo il loro elevato status sociale e i diversi ruoli svolti in vita. Fra tutte, è stata illustrata la famosa Tomba degli Atleti, unico esempio in Italia di sepoltura plurima d’importanti personalità dell’aristocrazia tarantina.
Ben diversa era invece l’esistenza delle classi sottoposte, delle quali non si hanno particolari informazioni, se non quelle ricavate dai reperti archeologici che, almeno, testimoniano la loro presenza e il ruolo svolto nelle diverse attività artigianali.
Ringrazio l’amico Angelo Conte per la precisa relazione multimediale che ha reso più scorrevole l’approccio dello studio ai presenti.

Michele Santoro



•foto di gruppo con direttivo



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