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Io partirò per fare di questa storia una leggenda
martedì 18 agosto 2015

di Pierfranco Bruni

Ai piedi del monte Ararat il vento leggero ha la voce di Noé e l’Arca custodisce gli echi flebili del viaggio.
Un tempo i padri del deserto raccontavano la traversata dell’Oriente e la Terra Promessa era un Testamento.
Poi venne la regina dell’Armenia e recitò il suo amore perduto nel pianto del Caucaso.
Soltanto rimpianto volò tra le gru e le gazzelle al canto del vento nei passi distanti delle dune di sabbia.
Il re partì in una mattina in cui l’alba non aveva chiarore e camminare era difficile.
I cavalli nitrivano al suono del tamburo.
Con il suo abito da re, la spada e il cappello, si avviò verso un viaggio che non ebbe più ritorno.

La regina ebbe voce:
“Oh mio re attenderti è stato prezioso
ma gli anni passati sono già
e i capelli hanno raccolto tutta la neve
che gli inverni posarono nel viaggio degli anni.
Mi fu detto della tua morte
ma io ancora aspettarti dovrò
nel palazzo dove le piogge non cadono
e il sole è un diadema lontano.
Oh mio re io qui resterò
a far degli anni il conto
e a misurare la bellezza che più non mi donasti
e con la nostalgia io compagnia mi farò”.



La regina attese per tanti lustri ed epoche l’arrivo del re, ma il re più non arrivò.
Si era perso nel suo ultimo viaggio tra i deserti che portano i popoli dall’Oriente all’Occidente.
Nella gelida tempesta dove i deserti incontrano i mari.
E i mari conoscono i naufragi.
Ma tutto vive per morire.
La vita si consegna alla morte con il sorriso.
In una tempesta di sabbia tutto diventò vento e sabbia.
Arrivò un giorno che non si seppe più nulla.

Il palazzo era invecchiato.
La regina si fece rinchiudere in una stanza che aveva una sola bifora, dalla quale si ascoltavano non le voci, ma gli echi e non si vedeva altro se non le ombre in lontananza.
Forse c’era una volta una regina che attese il re che non fece ritorno…
Forse la regina volle raccogliere il silenzio e la solitudine.



Prima che il re partisse le aveva detto:
“Quando tornerò, tornerò con una rosa
e se non dovessi tornare ti invierò il silenzio
e nel silenzio la mia voce raccoglierai
perché sarà voce di solitudine”.
Forse è vero o forse si narra.
Ciò che si narra molto si dimentica e poco resta nel paesaggio delle tradizioni.
Ma c’erano una volta un re e una regina
e il re dopo un viaggio non ritornò e la regina rimase chiusa nel suo palazzo fino a quando non giunse un’aquila e la portò in cima al monte Ararat.
Ed è in quel momento che caddero tre stelle.
La prima per chi ha saputo attendere.
La seconda per chi non ha trovato il ritorno.
La terza per chi non si pone altre domande.

Questa è la via, ampia come una piazza e stretta come un vicolo chiuso, ma non c’è solo questa.
Io cammino sulla mia e tu se vuoi puoi seguirmi, altrimenti ti auguro che la tua via vada sempre verso il sole.
Forse si continuerà ancora a raccontare… per conoscere bisognerà avere sempre pazienza…



La voce della regina si ascolta dal monte Ararat:
“Cullo le parole per fare delle parole un testamento
e quando le parole saranno scritte
io partirò come il mio re
per fare di questa storia una leggenda”.

Se questo è il destino io ho già detto ciò che potevo e forse in un tempo che non sarà domani dire potrò ciò che volevo.





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