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Bisogna vivere i beni culturali come educazione permanente
tra i musei e le lingue

sabato 2 gennaio 2016

di Pierfranco Bruni




La visione dei beni culturali intesa come realtà patrimoniale di una Nazione, in una società complessa e in transizione costante qual è quella nella quale viviamo, assume una chiave di lettura importante e progettuale.
I beni culturali sono la cultura di un popolo attraversato da civiltà che hanno dato un senso specifico ad una identità. Archeologia ed etnie sono un binomio abbastanza articolato nell’iter strutturale di una cultura identitaria che pone al centro gli orizzonti di una appartenenza.

I contenitori di questi beni culturali sono quelle strutture a cielo chiuso e quelle aree a cielo aperto. Tutelarle è valorizzarle e valorizzarle è permettere una significativa fruizione che vada sia nel segno di una realtà economica (il turismo, le relazioni con i paesi esteri, le coordinate nelle politiche comunitarie) sia nel tracciato di una eredità che permette alla storia di farsi comunicazione (i modelli di trasmissioni valoriali nelle identità stesse tra comunità, le didattiche e le forme pedagogiche, i percorsi educativi e di conoscenze). I monumenti, le aree archeologiche, i centri storici vivono la loro materialità come funzione di trasmettitori di testimonianze.
Le lingue minoritarie, le culture altre, le letterature, le varie forme di etno-antropologie sono beni culturali immateriali che si legano alle prime e senza il loro binomio non si ha la capacità di vivere la storia di una Nazione come impaginazione di una eredità che si imposta nella trasparenza di una civiltà sempre pronta a comprendere le contaminazioni vissute e le contaminazioni nel contemporaneo. Soprattutto i musei sono il dettato non solo di una definizione storica ma di una centralità esistenziale di un cammino.
Occorre che i musei vivano al centro di una progettualità che abbia come elemento portante il materiale contenuto, ma che questo materiale stesso sia lo scavo prospettico verso altri moduli di culture che incidono sul territorio. È vero che i musei vivono di territorio, ma anche vero che gli intrecci costituiscono il vero dominus di un bene culturale tutelato – valorizzato – pedagogizzato.
L’esperienza di una mostra dedicata al metafisico di De Chirico all’interno di materiale magno greco (un solo esempio per comprendere) ha rappresentato, è una esperienza che ho avuto modo di coordinare, il binomio fondamentale tra l’antico e il contemporaneo. Si è fatto dell’antico, in quell’occasione, una lettura del contemporaneo. Perché l’archeologia è sempre un sapere metafisico che unisce la filosofia della ragione con la metafisica.

Sostanzialmente i beni culturali devono assumere una funzione culturale tout court proprio per rilanciare il concetto di sviluppo di una economia delle culture e per definire le culture espresse dai beni culturali sottolineature di una pedagogia permanente.
I beni culturali, dunque, come educazione permanente all’interno di una struttura di idee che abbia come principio fondante i processi di identità di una Nazione. In questa nostra temperie credo che sia necessario puntare su tali linee per dare un senso al quotidiano, al contemporaneo e a quella memoria nella quale i segni del tempo permettono di vivere la conoscenza della saggezza.


Pierfranco Bruni




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