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Da Rimini chiederei dove sta la differenza tra il grande Papa Benedetto XVI e Francesco
lunedì 22 agosto 2016

Di PIERFRANCO BRUNI


I nostri simboli cristiani coperti per non offendere le altre religioni in un meeting cattolico? Così sembra nella Rimini di Comunione e Liberazione. Non credo che ciò sarebbe stato possibile con la presenza di don Giussani. Non mi sembra che sia il dialogo sulle fedi. Piuttosto sul rapporto tra religione e ideologia. Ma il discorso come più volte da me sottolineato parte da lontano.
Mi pongo subito una domanda. Qual è la differenza tra Papa Benedetto XVI e Papa Francesco? La domanda si pone in modo piuttosto forte dopo gli ultimi avvenimenti che hanno visto coinvolte le comunità cristiane e il popolo in Cristo.
C'e' una questione teologica che diventa metafisica e filosofica a separare le due scuole di pensiero e i due indirizzi.
Una scuola di pensiero forte che pone al centro la persona in Cristo come memoria radiante e radicante in una teologia dell'umanesimo spirituale che è quella di Benedetto.
Una scuola che supera la tradizione teologica e soprattutto metafisica che sradica la centralità dello spiritualismo e imposta una metodologia del relativismo, nel quale non vi sono riferimenti se non il quotidiano o il presente che è completamente diverso dal contenporaneo tradizionale di un argomentare come quello posto dal pensiero forte di Benedetto.
Non può essere tutto considerato tangibile e contingente. Ma la diversità tra i due papi è abbastanza consistente e molto pericolosa soprattutto dal punto di vista di una teologia del futuro. Benedetto resta il Papa del tradizionalismo cattolico, in cui la cristianità è centrale nella visione di un mondo spiritualizzato non come dogma, bensì come essenziale atto di fede e non di valore condiviso. Il cristianesimo non è una religione soltanto ma un costante dialogare con Dio.
Per Francesco, il suo percorso è testamento, la cristianità è una religione tra le religioni. Anzi non parlerei di cristianità. Ma di cattolicità. Il suo dialogo, si dice, verso le altre religioni è una visione di grande manifestazione di misericordia e accoglienza. Non credo che questo sia il fatto. Francesco ha sposato la nomenclatura del cosiddetto progresso. Considera l'Islam una fede come il cristianesimo. Un errore radicale che mette allo sbaraglio tutto il mondo cristiano. D'altronde è così viste le situazioni che accadono. Il suo percorso non ha una teologia della fede in Cristo assoluto e tanto meno una filosofia della cristocentricita'.
Il meeting di Rimini è l'ennessima prova della fragilità del Francesco pensiero.
La misericordia è da considerare una dottrina evangelico - mistica. Non una idea di accoglienza e di perdonanza.
Ormai siamo arrivati allo scompiglio della realtà cattolica.
Da una parte il tradizionalismo cristiano con la sua profonda spiritualità e lettura ontologica della vita: dai padri del deserto a Paolo ad Agostino a Teresa d'Avila e alla teologia filosofica da Pascal a Kierkegaard ed a Dostoevskij.
Dall'altra il relativismo e il giustificazionismo di un mondo cattolico come cultura accogliente e dialogante con la lezione di Lutero senza una lectio dichiarante di un Cristo assoluto.
Il precipizio del cattolicesimo relativista è nascondere i simboli sacri della cristianità. Di cosa possiamo parlare ancora dopo il timore di dimostrare attraverso i nostri simboli la nostra fede in Cristo e in Maria?


Pierfranco Bruni









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