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Pirandello oltre Leopardi. Il delirio e la disperazione con Marta Abba
Pierfranco Bruni

lunedì 6 marzo 2017

da contaminazioni@alice.it

La storia tra Luigi Pirandello e Marta Abba è stata molto inquietante. Per Pirandello è stata inquietante e disperante. Si è perso nei suoi sguardi e in una attesa vana, stanchevole, senza tregua.
È certo che dalla metà degli anni venti ha condizionato non solo la sua esistenza anche la sua scrittura. Pirandello è condizionato nella scrittura e nel pensare alla costruzione dei suoi scritti da Marta Abba. Persino "Uno nessuno e centomila" ha visto il filtro della presenza di Marta.
Io, come ho già fatto in altri miei testi, mi immagino il loro dialogare costruendo un immaginaria lettura.
"Non mi hai domandato che voce ha la pietra d'Oriente, ma da quando tu ci sei ogni Oriente ha i tuoi occhi neri del nero di Ararat, e i tuoi capelli hanno l'eleganza dei sogni della mia giovinezza.
I tuoi corti capelli che mi riportano alla mia terra. Manca la fotografia. Basta uno scatto. Ho attraversato deserti e vie di mare, ho tradito e sono stato tradito, hanno cercato di bruciare i miei pensieri e la mia voce ed ho perdonato perché ho dimenticato". Avrà detto Pirandello alla sua Marta.
E poi guardandola negli occhi avrebbe pronunciato: "Soltanto dimenticando si perdona. Ora che tu ci sei non parlarmi con le illusioni. Perché tu non sei illusione. Ti aspetto. Dammi il senso con lo sguardo. Ho incontrato donne che hanno giocato alle carte della vanità.
Io seguo la strada dei miei maestri. E tu sfida per me il naufragio e la sconfitta e tienimi per mano fino a quando la mia mano ci sarà. E anche dopo. Anche dopo".

Pirandello su Marta Abba si è molto illuso e confuso. La sua illusione di essere corrisposto lo ha condotto alla disperazione. Le sue lettere sono un costante richiamo e una costante ricerca. Ma lei è distante. Anche quando sono accanto sono lontani.
Pirandello disperato per amore. Dal 1929 in poi lei diventa molto più ostica. Reduci di una tournée in Germania, dove non ha i successi sperati e promessi, Marta si fa dura tanto da scrivergli un biglietto dove si legge (siamo alla realtà): "Mi scriva soltanto se vi sono cose della massima importanza".

Pirandello precipita in una profonda disperazione e la sua compagna è la costante solitudine. Corrado Alvaro incontrandolo racconterà di questa solitudine. Ma è lo stesso Pirandello che annotera': "Io ancora vivo, disperatamente vivo -vivo e senza più vita". "Sono come un morto che cammina, che fa atti tanto per farli, che dice parole tanto per dirle, senza vederne più lo scopo e la ragione".
Si recita veramente a soggetto. Pirandello vive di lei e cerca di essere proprio come il personaggio di come tu mi vuoi.

Pirandello non vive una malinconia pensata, come sembra viverla Leopardi. Piuttosto è una malinconia disperata e disperante. Vive la lontananza da Marta Abba come un esilio.
Pirandello abbraccia l'agonia e l'angoscia di Cechov. Nella stretta della disperazione. Il suicidio campeggia nel pensiero di Pirandello.
Scriverà a Marta Abba (siamo al reale) : "Marta mia, Tu puoi tutto, salva mi tu (... ). Aiutami per carità, Non mi lasciare, Non mi abbandonare... ".
Questi passaggi superano abbondantemente le lettere di Cesare Pavese a Costance. Una disperazione, appunto, che va oltre Leopardi. Vive il senso della precarietà. Mai del relativo.

Il dolore per amore diventa anche esso tragedia. Il desiderio di morte è nel suo viaggio. L'attesa lo fa sentire come "un viaggiatore senza bafaglio". Tanto da toccare il delirio. È un personaggio in cerca d'autore ma ha la consapevolezza di creare i suoi giganti della montagna. Pur scrivendo a Marta: "Senza di te, la mia mano diventa di pietra". Il suo legame con Marta però è un vero delirio. Si ripete: "Non so perché seguito a vivere ".

Pirandello non vive soltanto l'esilio ma vive l"estraneità. Vive il senso della caduta camusiana nell'essere estraneo a se stesso. Non è una disperazione alla Cioran e neppure una malinconia lacerata alla Leopardi.

Ama sino all'impossibile senza mai pensare se è necessario il tormento.
In amore non esiste il necessario.
Non vive di mistero di incanto di magia come avrebbe voluto.
Quando tutto ciò non c'è più,
l'impossibile infinito, che non aveva la misura del tempo e del piacere,
diventa incontro con il necessario. L'amore tra i giardini del vento é sempre una farfalla. Ma tutto ciò Pirandello non lo vive. Vive tutto il contrario di ciò. Il suo status ha la disperazione esasperazione.
Un delirio di un uomo che conosce la solitudine sino alle viscere e non sa però come partecipare nel "gorgo muto". Leopardi dunque è distante. Il male dell'infinito sembra non interessargli più.
Vive la morte con il sorriso ironico di chi comprende e conosce l'assenza. Ma non solo quella di Marta. Bensì la propria assenza. Quella più dolorosa.









Pierfranco Bruni






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