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AGOSTINO GAUDINIERI IL COLONNELLO POETA E IL DIALETTO
giovedì 31 maggio 2018

a cura di
Micol e Pierfranco Bruni
Progetto grafico di Anna Montella






Nella Giornata del Dialetto si pubblicano alcuni inediti dialettali del colonnello Agostino Gaudinieri nella sua Calabria contaminata da una diversità di koinè con una elegante cartella curata da Micol e Pierfranco Bruni

La poesia e il dialetto. Un binomio che è espressione di un modello linguistico articolato lungo il cammino dei territori. Il dialetto è una manifestazione di identità e di tradizione. Dopo il  servizio andato in onda su Rai Tre dedicato ad Agostino Gaudinieri
​(https://www.youtube.com/watch?v=uEHaAx8vDgs&app=desktop) si continua a parlare di Agostino Gaudinieri ma sotto un aspetto particolare, quello del poeta in dialetto di una Calabria contaminata di diversi idiomi.

 

Pubblicata  una Cartella dedicata alla poesia dialettale di Agostino Gaudinieri.

La Cartella è stata curata come progettualità grafica da Anna Montella e articolata sul piano scientifico da Micol e Pierfranco Bruni, nell’ambito del Progetto Etnie - Letteratura del Mibact.
​Gaudinieri era un militare di carriera. Infatti tra i soldati, militari ufficiali, ricorre spesso il nome di Agostino Gaudinieri. Il Gaudinieri, nato a Spezzano Albanese il 28 luglio del 1892, che arriverà a rivestire successivamente il ruolo di Colonnello, viene nominato con Regio decreto del 16 aprile del 1914 Sottotenente di complemento di Fanteria, la cui nomina viene pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” in data 18 maggio 1914, numero 117. 
Mentre, due anni dopo, il Ministero della Guerra con Disposizione sugli Ufficiali in Servizio Permanente, sempre Arma di fanteria, adotta un provvedimento per la promozione a Tenente con Decreto Luotenenziale del 24 agosto 1916, Decreto che viene pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” de 14 settembre 1916, numero 217.
Più volte distintosi per le sue azioni e più volte ferito viene molte volte decorato. 
In qualità di Sottotenente di complemento del suo Reggimento di fanteria venne decorato  perché “ferito più volte mentre conduceva energicamente il suo plotone in soccorso di altri reparti, non si allontanava dal combattimento. Bosco Cappuccio, 20 luglio 1916”, così si legge negli Atti ufficiali(http://www.istitutonastroazzurro.org/). Precedente, dunque, alla nomina di Tenente. 




In una ricostruzione sui decorati di guerra lo storico Ferdinando Cassiani, successivamente citato nello studio di Alessandro Serra, ebbe a scrivere: “…fra le insidie di Bosco Cappuccio, Agostino Gaudinieri, magnifica tempra di ufficiale, tre volte ferito, merita la medaglia d’argento al valore militare” (in Ferdinando Cassiani, “Spezzano Albanese nella tradizione e nella storia”, 1929 e poi ripreso da Alessandro Serra in “Spezzano Albanese nella vicende storiche sue e dell’Italia (1470 – 1945)” del 1987. 
Agostino Gaudinieri ebbe una carriera brillante sino ad arrivare a colonnello dell’esercito ed ebbe un ruolo particolare sia durante il passaggio dalla Marcia su Roma alle Leggi Fasciste sia durante gli anni del Regime. Sempre al servizio dell’esercito fu un punto di riferimento nell’ambito dei rapporti tra la vita militare, l’attività del Regime e la Monarchia. 
Era figlio di una nobile famiglia di Spezzano Albanese, ecco le sue origini Arbereshe (Italo – albanesi). La madre la nobile Amalia Guaglianone e il padre il nobile Mariano Gaudinieri, le cui discendenze risalgono alla nobiltà di Acri tra il tardo Rinascimento e l’età pre Illuminista. Aveva altre due sorelle: Giulia e Marietta e un fratello di nome Domenico. 
Fu una personalità importante e imponente nella Calabria tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Visse, dopo i natali di Spezzano Albanese, a Cosenza con proprietà anche a Mendicino, in provincia di Cosenza. 
La sua figura, ben delineata nel saggio – romanzo “Cinque fratelli. I Bruni Gaudinieri. Una famiglia nel destino di una nobilità” (Pellegrini editore),  rientra nel quadro delle riproposte di quegli eroi di guerra che hanno combattuto portando alto il vessillo d’Italia. Infatti a Bosco Cappuccio, lungo il fiume Isonzo, si svolse una dura battaglia, che vide l’esercito italiano impegnato in prima fila a difendere il destino della Patria. 
Agostino Gaudinieri fu un protagonista di quella “resistenza” in nome dell’Italia. Muore nel 1966. Qui di seguito alcune delle poesie tra Padula e Ciardullo in una ironia che soltanto nel dialetto ha una forte resa espressiva Tra intrecci di vocaboli in uno scenario in cui il dato antropologico è fondamentale al di là della parola stessa. Ma è naturale che lingua (un vocabolario linguistico) e tradizione fanno l’identità letteraria di un poeta. Qui siamo ad una vera e propria esperienza identitaria.




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Ulteriori inediti di Agostino Gaudinieri La poesia il dialetto


1
Chiova. Chiova.
Chiova.
U vidi cumi chiova?
Ogni guccia ti luccica
supra a capo.
Si na fata
e u cori è tuo.
Cu te mi curicu
e cu te fa jurno!
 
2
Un ce' chiu'
u fucularu appiccicatu.
Un ce' nessunu.
A casa e' vacanta.
Ma a vuci si senta
intra i stanzi
e m'arriva cumi
u vientu.
 
3
A sazizza è a palu
o rutunna.
Chi a vo' cotta
chi a vo' cruda.
Chi a vo' sutta a cinnira
chi a vo' aru fuoco.
Ma cumi a fa' fa'
e' sempri bona.
Russa o ianca.
Na cosa u ntana scurda'.
Cu spitu si gira
ma cu i mani
ana mangia'.
Sulu a cussi'
a vucca a po' assapura'
cu nu piezzu i pani
ana mangia'.
Vruscenti ti ricrii
u cannaruozzu
e tutti i ntrami.
Nun ti scurda'
tunna o a palu
a sazizza
cu i mani tana gusta'
e cu u mussu ana licca.
 
 
4
I pipazzi da grasta
su tutti crisciuti.
Cu tiempu
ca passa o si criscia
o si mora.
Se pipazzi
vruscienti
incinirati
mangi
ti scuordi ca a morti
ti po' arruba' a vita.
Vienimi a truva'
ca u pipazzu
ti fazzu pruva'
 
5
Quannu scinna a notte
e chiova supra i rosi
u vientu manna via
tutti i nuvuli
e a luci da luna fa chiaru
u scuru.
Io piensu a tutti
i juorni passati
e mi scinna
na malincunia
accussi triste
ca sulu u silenzio
po' capì.
Passa u tiempu
e i paroli
nu bastanu pe raccunta'
na vita di viaggi e damuri
di gioi e duluri.
Guardu a rosa
che puru sutta a niva
è rimanuta tisa
e na canzuna antica
mi sona inta a capu
e tantu cosi vidu
come si non fussero
mai finiti.

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A cura di

Micol Bruni,

esperta di culture minoritarie





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