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L'epilogo della democrazia.
lunedì 29 aprile 2013

di Pierfranco Bruni




CON IL GOVERNO LETTA – NAPOLITANO - BERLUSCONI SIAMO GIUNTI ALL'EPILOGO DELLA DEMOCRAZIA

CON IL GOVERNO LETTA – NAPOLITANO - BERLUSCONI SIAMO GIUNTI ALL'EPILOGO DELLA DEMOCRAZIA!

MORO E GRAMSCI PIANGONO SUL NOSTRO PRESENTE

 

 

DI PIERFRANCO BRUNI

 

 

 

Quando la debolezza del linguaggio politico si impossessa del pensiero debole e viceversa il concetto di democrazia resta soltanto un concetto la cui messa in opera non trova una discussione praticabile. Non andiamo ad Atene. In Grecia e neppure nella Roma imperiale che di democrazia  si legge ben poca.

C’è una metafisica della democrazia e una possibile parvenza di imporre la democrazia. Due sistemi non di idee ma di posizionamento provengono da ideologie, da filosofie, da culture, da strutture mentali. Si diceva un tempo che la democrazia è una “avanzare” di pensieri che provengono dal popolo. Ma la democrazia è anche  imposta da una visione politica sulla vita, sulla storia, sulle idee. Non dovremmo certamente chiamarla democrazia. Eppure tutti la definiscono tale.

Così, in una tale impostazione, diventa una mercanzia di scambio sul piano di ciò che vengono considerati valori. Ma di quali valori si parla?

Si sono usati due contraddizioni e sono stati alimentati come modelli di un “buon pensare”: la democrazia è libertà e la libertà sta alla democrazia come la democrazia sta alle maggioranze che riconoscono il diritto delle minoranze. Tutto questo, per dirla con l’abbinata Letta – Napolitano, non è frutto di una democrazia perché la democrazia, sul piano elettorale, ha chiarito alcune questioni anche se ha lasciato cammini irrisolti ma che sono visibili a tutti.

Occorreva ritornare a spingere la democrazia come valore. E allora mi impossesso di alcune considerazioni proprio alla nascita dell’intreccio tra già comunisti e attuali cattolici nel varo del Governo Napoletano – Letta e viceversa. 

La vera contraddizione consiste nella posizione di un mondo politico cattolico che vive le sue ambiguitĂ , come direbbe Diego Fabbri, e nella confusione di una storia giĂ  comunista che ha perso connotati e anche obiettivi.

Siamo alla conclusione della disfatta della politica!

Il compromesso storico, auspicato tra il 1976 - 1978, ha dato definitivamente i suoi frutti. Ma allora c’era in piedi un vasto dibattito: da una parte Enrico Berlinguer  con un passato comunista e radicato in una cultura esistenzialista e dall’altra Moro e Fanfani con Andreotti. Ma era l’elaborazione politica che faceva da riferimento nelle tesi sia ideologiche che etiche.

Ora, non c’è stata una elaborazione politica, forse perché il disfacimento delle ideologie non ha permesso ciò? Dunque. Governo Letta – Napolitano - Berlusconi. Un Governo che non mi piace perchè non nasce da una volontà definita elettoralmente e democraticamente. Gli elettori, nonostante la spaccatura, non si sono espressi per una tale coalizione. Chi ha voluto ciò?

Democrazia?

Ci sono errori istituzionali e politici. Non esiste la democrazia.

Il Presidente della Repubblica avrebbe, immediatamente rinominato e acclamato a Presidente della Repubblica Italiana, scogliere le Camere.

La democrazia è solo una parola. Il resto è noia.

Il suicidio della politica passa inevitabilmente attraverso l'omicidio della vera filosofia della democrazia che scava retoriche.

Ma la democrazia è soltanto una utopia.

Gli ex comunisti gli ex democristiani si ritrovano nel nome del Pd sfasciato e di un Pdl incoerente.

La democrazia non si uccide soltanto con i carri armati o con le P 38. Anche con la debolezza del pensiero. Questo Governo nasce dalla debolezza del coraggio di pensare ad una nuovo confronto con l’elettorato.

Siamo in una temperie in cui il pensiero debole, diventato fragilitĂ  e decadenza, ha preso il sopravvento.

Bisognava fare un Governo a tutti i costi?

Chi mi rappresenta? Da chi sono rappresentato?

Io, mai comunista io mai liberale io mai cattolico di "questo" cattolicesimo, da chi verrò rappresentato?

Dopo il Discorso di Napolitano, che non ho condiviso, nonostante le grandi ovazioni, tutto era possibile. Un discorso autoritario che non appartiene alla mia visione della politica. Mi è sembrato come se fosse il discorso del nuovo Re d’Italia o dell’ultimo del Regno delle Italie Unite.

Io che su Aldo Moro ho scritto pagine che hanno segnato la mia vita. Io che ho scritto sull'estetica della politica tra Gobetti e Gentile.

I diritti delle minoranze non esistono. Si "inventano", a volte, le minoranze per legittimare le maggioranze non rappresentative.

Siamo in un tempo di cadute e la storia non difende da sola questo sbando del presente.

La delusione è proprio nella consapevolezza, per chi ha vissuto gli anni terribili del consociativismo, della conferma nel mettere insieme due storie diverse in una storia unica: trionfa il cattocomunismo con schegge di liberalismo datato. Punto! Si vuole mostrare un volto forte con la debolezza delle idee e della progettualità.

Io non sono per le condivisioni ma per le diversitĂ .

Soltanto l'autorevolezza di un pensiero forte, (dico pensiero, attenzione) e vitale può ridare senso ad una Nazione.

Mettete insieme Machiavelli e Prezzolini per tentare di salvare il vuoto dei nostri giorni. Ma se di cattolicesimo politico bisognava parlare e dare lezione avremmo dovuto riproporre la visione istituzionale non di Dossetti ma di don Luigi Sturzo.

Il male di questo nostro Paese è che si dimenticano i protagonisti della storia d’Italia. Protagonisti il cui insegnamento non è solo attuale ma contemporaneo.

Sarebbe stato necessario  leggere qualche pagina dell’ultimo discorso di Aldo Moro (1977) e alcune sottolineature di Antonio Gramsci prima di affidare il destino di questi giorni a Napolitano  - Berlusconi e a Letta. Non è nostalgia e neppure passato che fa eco. Ma la politica si fa con la testimonianza, con l’esperienza, con la valutazione del presente senza mai dimenticare la fedeltà alla storia. Sento il pianto di Moro e di Gramsci!

 

Pierfranco Bruni





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