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Discorso di Antonia Battaglia al Parlamento Europeo oggi sull'Ilva
giovedì 17 ottobre 2013

da a.marescotti@peacelink.it


Antonia Battaglia

 

Sono molto felice di essere qui oggi, al Parlamento Europeo, in questa giornata importante che vede all'ordine del giorno la discussione sul terribile problema dell'inquinamento da diossina, tema che, grazie al Parlamento Europeo, è stato portato all'attenzione dei cittadini e del pubblico europeo.

 

Taranto, la città del Sud d’Italia dove sono nata e per la quale sono qui oggi, per la quale lotto, é stata definita molte volte, tristemente, il “reame della diossina”.

 

Negli anni scorsi, abbiamo avuto le più alte concentrazioni di diossina d’Europa, molti dicono del mondo.

 

La diossina a Taranto è ovunque, non ci sono essere umani o animali che siano stati risparmiati dai suoi effetti, effetti che stanno devastando ora, oggi, mentre parliamo, ciò che non era stato devastato fino ad ora ma che presto lo sarà, perché niente può sopravvivere  restando in salute a quelle concentrazioni di inquinamento.

 

A Taranto abbiamo l’ILVA, una delle più grandi industrie europee produttrici di acciaio, portata alla ribalta nuovamente il 26 settembre 2013 quando la Commissione Europea ha lanciato la procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle norme europee in materia di emissioni e  per il mancato rispetto del principio di responsabilità ambientale.

 

È il 26 settembre, quando grazie all’azione coraggiosa e professionale del Commissario all’Ambiente Janez Potočnik, il dramma che vive Taranto viene portato all’attenzione internazionale; bene, in questa data Taranto é diventata una città europea. E per questa ragione, per continuare a chiedere l’aiuto dell’Europa, io oggi sono qui.

 

La diossina, a Taranto, é stata trovata  nel sangue e nel latte materno; la diossina a Taranto copre tutto e ha contaminato tutto.

 

Circa 2.000 capi di bestiame sono stati macellati qualche anno fa, a causa della presenza di diossina nei prodotti caseari e nella carne. La perizia chimica richiesta dal Tribunale di Taranto ha sottolineato la similitudine tra l’impronta chimica della diossina prodotta dall’ILVA con quella trovata nelle aree intorno agli impianti.

 

I pascoli sono proibiti in un raggio di 20 km dall’area industriale. La diossina rimane inalterata quando cade, persiste per generazioni, perché è un agente che si degrada solo parzialmente e in un tempo molto lungo.

 

Secondo dei dati recenti dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), ci sono ancora delle quantità importanti di diossina e PCB presenti sui pascoli e nelle aree adiacenti agli impianti, semplicemente perché il suolo é contaminato.

 

Ciò nonostante, ancora oggi stiamo aspettando il campionamento in continuo dei dati ambientali e non ne abbiamo alcuna informazione. Semplicemente perché il campionamento non é stato realizzato.

 

È qui che le autorità italiane non sono intervenute in nostro favore, ed é qui e per questa ragione che oggi Taranto ha un’altissima percentuale di malati di cancro, di malattie infantile, di patologie neurologiche e cardiovascolari.

 

Nell’area vicino all’ILVA, c’è un malato di cancro ogni 18 persone. La percentuale sale man mano che ci si avvicina allo stabilimento.

 

Sono qui, oggi, in veste di rappresentante delle due associazioni, PeaceLink e Fondo AntiDiossina, titolari della denuncia che ha portato alla procedura di infrazione contro l’Italia a causa dell’ILVA.

 

Taranto é una città di circa 200.000 abitanti, sul mare, anzi su due mari. La sua economia era in principio rurale e costituita principalmente dalla pesca prima che lo stabilimento ILVA fosse costruito e, lasciatemi aggiungere, privatizzato nel 1995.

 

La situazione a Taranto era drammatica e lo é diventata ancora di più quando nel 2002 le cokerie, impianti cancerogeni, sono stati trasferiti da Cornigliano (Genova) a Taranto, semplicemente ed incredibilmente perché Genova non li voleva più.

 

Nel 2005, PeaceLink e Fondo Antidiossina hanno scoperto nel registro europeo Eper che Taranto c’era la diossina: le autorità italiane non ce lo avevano semplicemente comunicato. Nel 2008, le due associazioni – a proprie spese ed in complete autonomia- hanno cominciato a far analizzare i prodotti caseari e nel 2011 I frutti di mare, in particolare le cozze, tutto cibo prodotto nella vasta zona che circonda l’ILVA, dove noi viviamo. Si, perché l’ILVA si estende su 15 chilometri quadrati, uno stabilimento enorme accanto ad una città. Uno stabilimento obsoleto e pericoloso che opera in violazione delle direttive europee.

 

Le analisi sulla catena alimentare rivelarono che la diossina era ovunque e che i frutti di mare, il pesce, il bestiame, il latte, tutto era contaminato, pesantemente. 

 

Ma la diossina non è il nostro solo nemico a Taranto perché le emissioni nell’ambiente di altri agenti inquinanti altrettanto pericolosi giocano un ruolo fondamentale. E le emissioni liberano IPA, PCB, furani, benzene, benzoapirene, berillio, PM10, tra gli altri. 

 

I bambini di Taranto hanno il piombo nel sangue, la polvere minerale nei polmoni e il PM10 ha attaccato le loro cellule. I bambini di Taranto al momento non hanno futuro.

 

Non sono io a dirlo, sono le ordinanze del nostro coraggioso GIP, sono gli studi scientifici; c’è stata recentemente a Taranto un convegno medico di livello nazionale; ci sono migliaia di pagine di documenti, perizie, fotografie, video, c’è una popolazione intera che può testimoniare  che ciò che è accaduto e che accade ancora a Taranto non rientra nella definizione di normalità.

 

Non in Europa, perché pensiamo che ciò che accade a Taranto non sarebbe mai potuto accadere in nessun altro posto e non senza il silenzio continuo e complice delle istituzioni italiane che sapeva e che non hanno mai fermato la produzione dell’ILVA perché l’ILVA è parte delle risorse strategiche. 

 

Le autorità italiane hanno sempre saputo ma fingono ancora di non vedere. Al momento, continuano a garantire all’ILVA di poter produrre come ha sempre fatto negli ultimi 20 anni.

 

Sono qui oggi per portarvi la testimonianza del fatto che a Taranto la situazione non è cambiata, e che tutte le presunte misure prese dalle istituzioni non sono state efficaci e anche se lo fossero state, essere non sono state messe in opera.

 

Noi stiamo morendo di diossina, di inquinamento, di aria. Si può morire perché si respira? Si, si può.

 

Oggi sono qui per gridare con tutta la mia forza il nostro bisogno di aiuto.  La nostra sete di giustizia.

Vi porto i sussurri disperati delle mamme all’Ospedale Moscati di Taranto in attesa che i loro bambini vengano operati di cancro. Vi porto la speranza degli operai dell’ILVA, la speranza di poter lavorare senza morire. Vi porto le lacrime della mia gente, la voce di una città a lutto che ha bisogno dell’aiuto dell’Europa, che ha bisogno di ciò per cui i nostri magistrati a Taranto lottano e che ci è negato: la giustizia.

 

Noi non vogliamo morire per la produzione, lo abbiamo fatto per decenni, è ora di cambiare e abbiamo bisogno del vostro aiuto.

 

Per favore, non lasciate che il mio appello cada nel vuoto.

 

Grazie.

 

Antonia Battaglia 17 ottobre 2013.

 

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Per ricevere il discorso in italiano e in inglese i giornalisti possono scrivere a antoniabattaglia@yahoo.it

PeaceLink e Fondo Antidiossina sono titolari della Procedura di Infrazione Europea nei confronti del governo italiano in merito al grave inquinamento dell'Ilva di Taranto.


Alessandro Marescotti (PeaceLink) e Fabio Matacchiera (Fondo Antidiossina)
www.peacelink.it

 





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