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ILVA: CON L’ACCORDO ITALIA-JERSEY MAI PIÙ UN ALTRO CASO RIVA
giovedì 10 luglio 2014

da Valerio L'Abbate
Assistente Deputato Giuseppe L'Abbate




Dopo l’approvazione al Senato, l’accordo Italia-Jersey viene approvato anche in Commissione Affari Esteri a Montecitorio. Adesso in Aula il voto finale per renderlo esecutivo e per permettere finalmente lo scambio di informazioni in materia fiscale   

L’accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo di Jersey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, sottoscritto a Londra il 13 marzo 2012, è ad un passo dalla sua ratifica ed esecuzione. Dopo essere stato approvato al Senato, ora giunge anche l'assenso in Commissione Affari Esteri alla Camera. L’ultimo step, per la sua definitiva approvazione, resta il via libera dell’Aula di Montecitorio. Dovrebbe essere, dunque, scongiurato il rischio che si verifichino di nuovo situazioni come quella che ha visto la famiglia Riva nascondere un rilevante tesoro nel paradiso fiscale alle dipendenze dirette della Regina Elisabetta II: l’isola più grande del canale della Manica che è soprattutto un paradiso fiscale.

Jersey, infatti, non rientra nell’Unione europea ma nell’area di libero scambio europea ed ha stipulato alcuni accordi internazionali. I contribuenti persone fisiche sono tassati secondo un’aliquota proporzionale del 27% da applicare su redditi al netto degli sconti fiscali (deduzioni) o, se più favorevole, del 20% sul reddito lordo (vale a dire senza applicazione di sgravi). Sull’isola ci sono oltre 200 filiali degli intermediari finanziari più importanti del mondo. Ed è proprio lì che i Riva detenevano un miliardo e novecento milioni di euro transitati prima dal Lussemburgo, quindi schermati in quattro società delle isole Cayman, infine protetti in otto trust dai nomi esotici gestiti da UBS nel Jersey. Il tutto fu scoperto dal nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano a partire da una richiesta di scudo fiscale per un miliardo e duecento milioni di euro richiesto da Emilio Riva nel 2009. Nel Jersey lo scorso agosto sono stati trovati altri 700 milioni che la magistratura locale potrebbe mettere nella disponibilità degli inquirenti italiani, per poi aggiungerli al miliardo e duecento milioni già sotto sequestro.

Abbiamo fatto pressione affinché questa ratifica fosse approvata nel più breve tempo possibiledichiara Emanuele Scagliusi (M5S), deputato della Commissione Affari EsteriGià nel novembre scorso, con un’interrogazione parlamentare a prima firma del collega Giuseppe D’Ambrosio, avevamo chiesto agli allora Ministri dell’Economia e degli Esteri di accelerare i tempi per rendere operativo questo accordo. Ora che siamo ad un passo dalla sua ratifica e relativa esecuzione, auspichiamo che la maggioranza alla Camera non faccia scherzi e che voti con senso di responsabilità, senza tutelare le lobby di potere, come suo solito. Allo stesso tempo, non perdiamo occasione di invitare il commissario straordinario dell’ILVA, Piero Gnudiconclude Scagliusi (M5S)a non ricalcare l’immobilismo dell’ex commissario Bondi e ad attivarsi, di concerto con la Procura di Milano, per utilizzare le risorse sequestrate quanto prima per l’adozione delle misure previste nel piano delle attività di tutela ambientale e sanitaria del territorio tarantino”.

Qualora la ratifica non trovi ostacoli nel suo passaggio conclusivo in Aula a Montecitorio, infatti, permetterà al Governo della Repubblica Italiana ed al Governo di Jersey di prestare vicendevole assistenza attraverso lo scambio di informazioni presumibilmente rilevanti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi interne delle Parti relativamente alle imposte oggetto del presente accordo. Dette informazioni includono le informazioni presumibilmente rilevanti per la determinazione, l’accertamento, l’applicazione, la riscossione, anche coattiva, delle imposte, relativamente alle persone soggette alle imposte stesse, oppure per le indagini su questioni fiscali o i procedimenti per reati tributari in relazione a dette persone.




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