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SMONTARE L’AREA A CALDO VUOL DIRE SMONTARE L’ILVA

martedì 11 novembre 2014

di Biagio De Marzo




L’editoriale di Mimmo Mazza su “La Gazzetta di Taranto” del 9 novembre 2014 dal titolo “Ilva, chiudere l’area a caldo speranza di salvezza”  induce a un commento per la riconosciuta autorevolezza del giornalista e per l’enorme importanza e complessità del tema posto.

Mazza scrive di un “progetto che preveda la chiusura dell’area a caldo, con lo smontaggio dei relativi impianti  ed il loro trasferimento in un luogo ove fare le bramme, materia prima per la rimanente area a freddo”. Ritengo che sia un’utopistica ipotesi, irrealizzabile per concreti problemi economici, tecnici e temporali.

E’ opportuno ricordare, per prima cosa, che l’Ilva di Taranto, per le sue caratteristiche di ciclo integrale e per la sua elevata capacità produttiva, senza l’ “area a caldo” non riuscirebbe a stare sul mercato. La produzione delle “aree a freddo” (coils, lamiere e tubi) diverrebbe proibitiva per le difficoltà di approvvigionamento delle bramme sui mercati internazionali in relazione ai volumi in gioco ed alla qualità dei prodotti e per il maggiore costo delle bramme di acquisto rispetto a quello delle bramme prodotte nel proprio stabilimento. In più, la chiusura di cokerie, altiforni e acciaierie comporterebbe l’automatica indisponibilità dei gas prodotti nei processi di quegli impianti, gas impiegati come combustibili nelle centrali elettriche e nei forni di riscaldo dei laminatoi. Le centrali elettriche non potrebbero, quindi, produrre l’enorme quantità di energia elettrica indispensabile per far funzionare le “aree a freddo”. Teoricamente e tecnicamente sarebbe possibile alimentarsi dall’esterno di gas metano, o direttamente di energia elettrica, ma con costi maggiori. Con i maggiori costi di bramme ed energia, quello che resterebbe dello stabilimento siderurgico privo dell’ “area a caldo” non sarebbe  più in condizioni di competere con i produttori concorrenti.

 

Il trasferimento dell’area a caldo in altro luogo (dove? In Italia? In Africa? A cura e spese della stessa proprietà dell’ “area a freddo”?), possibile solo in teoria, è inimmaginabile per l’enormità dei costi da sostenere  e dei tempi necessari. Si tratterebbe di smontare, trasportare e rimontare: strutture e impianti di enormi parchi primari e secondari con decine di mastodontiche macchine movimento; cokerie; agglomerato, quattro altoforni, due acciaierie LD, cinque colate continue, due centrali elettriche, fabbriche ossigeno, ecc.. Il tutto preceduto da colossale progettazione, realizzazione di immense opere di fondazione, ragnatele chilometriche di tubazioni per fluidi e gas. Dove trovare tali inimmaginabili risorse e tempi? In confronto, i numeri ipotizzati per i soli adeguamenti dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sono poca cosa. E gli attuali possibili acquirenti di Ilva non intendono accollarsi neanche quelli.

 

Sono due anni e mezzo che si cerca una soluzione vincolata al mantenimento di circa 20.000 posti di lavoro diretti ed indiretti e all’abbattimento dell’inquinamento che comporta danni sanitari e lutti.

Come si fa a rimediare in un paio di anni alle malefatte di oltre 40 anni? Chi mette in campo la montagna di soldi che occorrono? Scoppiato lo “Tsunami Todisco”, Parlamenti e Governi, a cominciare da Monti, non sanno cosa fare, procedono a tentoni, apprendono poco alla volta in che ginepraio inestricabile ci troviamo. Tutti, in primis i sindacati, i lavoratori e moltissimi cittadini, hanno il terrore per la perdita di ventimila posti di lavoro; il resto è sullo sfondo, farebbero qualunque cosa, salvo poi pentirsene.

Tutti i numeri in campo sono allucinanti, concatenati tra loro e paralizzanti. Il dramma, o l'inganno, è che vengono presentati spezzettati, da ciascuno pro domo sua, talvolta accompagnati da  ipotesi irrealistiche. L'unica cosa certa è che la via giudiziaria è intrapresa, che durerà un'eternità, che porterà, forse, delle punizioni ma non delle soluzioni, che spettano ad altri e in tempi diversi da quelli giudiziari. Chi ha il coraggio di indicare soluzioni da “lacrime e sangue”?

Ing. Biagio De Marzo

 




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